Esteri
Guerre: uno sparo in Pennsylvania fa più rumore delle bombe a Gaza e in Ucraina
Di Giampiero Gramaglia
Uno sparo, mancato di millimetri, contro Donald Trump fa sparire dalle prime pagine dell’informazione internazionale la litania di vittime nelle guerre in Ucraina e nella Striscia di Gaza e fa più rumore delle deflagrazioni delle bombe sulle città e nei campi profughi. E l’evoluzione della campagna presidenziale negli Stati Uniti verso l’Election Day del 5 novembre appare ora tutta in discesa per Donald Trump e tutta in salita per Joe Biden o per chi dovesse avvicendarlo, che sarebbe, a questo punto, un candidato kamikaze.
Marca male per l’Europa e per l’Ucraina. Malissimo, secondo Politico, che, commentando la scelta del senatore dell’Ohio D.J. Vance come vice di Trump nel ticket repubblicano, titola: ‘Vance vice Trump si legge disastro per l’Europa e per l’Ucraina”. A conferma, il Washington Post sottolinea “la dichiarata ammirazione” del senatore Vance per il premier ungherese Viktor Orban, che, reduce dal periplo Kiev – Mosca – Pechino – Washington – Mar-a-lago, avverte i partner europei: “Trump sta tornando, l’Ue deve cambiare strategia sull’Ucraina”.
Il senatore Vance è un campione di isolazionismo e si oppone agli aiuti all’Ucraina: dà un assaggio di quella che sarà l’America di Trump, se davvero dovesse tornare, e del ‘dopo Trump’, poiché ha l’età giusta, 39 anni, per restare a lungo sulla scena politica. Ne canta l’elogio Tucker Carlson, l’aedo di Trump cacciato dalla Fox News ‘trumpiana’ per eccesso di ‘trumpismo’: “Tutte le persone cattive che ho incontrato nella mia vita a Washington erano contro JD Vance” – ecco tracciato l’ennesimo confine tra ‘buoni’ e ‘cattivi’ a parti rovesciate rispetto alla lettura convenzionale -.
La pausa nel linguaggio dell’odio e della divisione, che doveva segnare la cesura, nella campagna verso Usa 2024, tra il prima e il dopo attentato, come sollecitato dal presidente Biden – “abbassiamo i toni” – e condiviso dall’ex presidente Trump – “Restiamo uniti” -, è durata 72 ore, O, almeno, i repubblicani si sono divisi i compiti: il boss parla unità, il suo vice e i suoi accoliti parlano odio e divisione, buoni e cattivi.
Basta a seminare il panico in Europa e in Ucraina e a ringalluzzire gli amici di Trump a Mosca, ammesso che davvero ve ne siano, e a Gerusalemme, dove il premier Benjamin Netanyahu le prova cinicamente tutte per allontanare la tregua tutte le volte che un’intesa si avvicina. Le azioni letali nella Striscia si susseguono: secondo fonti palestinesi, negli ultimi dieci giorni sono state colpite dieci tra scuole e ospedali e, soltanto tra martedì e mercoledì, ci sono state circca 60 vittime.
Guerre: Striscia di Gaza, massacri frenano negoziati
Ma l’episodio più drammatico sono stati gli oltre 90 palestinesi uccisi e quasi 300 feriti nell’attacco aereo israeliano su un campo di rifugiati nell’area di Khan Younis, che lo stesso esercito israeliano aveva indicato come area sicura alle famiglie palestinesi in fuga dalla guerra – migliaia di persone, per lo più sistemate in tende -. Israele spiega di avere saputo che lì, in una palazzina, c’era un capo di Hamas, Mohammed Deif, una delle menti degli attacchi terroristici in territorio israeliano che, il 7 ottobre, avevano fatto 1200 vittime ebree e portato alla cattura di centinaia di ostaggi. Sui fatti del 7 ottobre, un’indagine militare israeliane ammette “gravi errori” nella prevenzione delle azioni e nella difesa dei kibbutz lungo il confine con la Striscia.
L’attacco ad al-Mawasi lascia scene di devastazione e non è sicuro che abbia centrato l’obiettivo – la sorte del comandante Deif è tuttora incerta -. L’ok all’azione viene da Netanyahu, su un input dello Shin Bet, il servizio d’intelligence militare, dopo avere avuto assicurazione che nell’area non c’erano ostaggi. Le fonti palestinesi parlano di “un massacro”. Il premier insiste che “non vuole perdere questa guerra” e si accinge a una nuova missione negli Stati Uniti, dove, il 22 luglio, vedrà il presidente Biden, con cui i rapporti sono pessimi.
Forse per migliorare il clima dell’incontro, l’Amministrazione Biden ha autorizzato l’invio a Israele di un carico di bombe da 250 chili, dopo una pausa decisa la scorsa primavera. Un carico di bombe da una tonnellata resta, invece, bloccato, nel timore che esse vengano usate dove la densità della popolazione è alta.
La carneficina di al-Mawasi crea ovviamente ostacoli ai negoziati per un cessate-il-fuoco in cambio della liberazione di ostaggi. che parevano prossimi a uno sbocco: Israele ribadisce i suoi obiettivi: distruggere Hamas ed eradicarla dalla Striscia e liberare gli ostaggi tuttora detenuti e in vita.
Nella Striscia, l’esercito israeliano conferma l’ordine di evacuazione di tutta la città di Gaza, dopo averne svuotato interi quartieri di 250 mila abitanti: volantini avvertono che il centro abitato “resta una zona di combattimento pericolosa” e invitano a spostarsi più a Sud.
Fronte aiuti umanitari, l’Amministrazione Biden s’appresta a rimuovere definitivamente il molo, costato 230 milioni di dollari, che le forze armate statunitensi hanno costruito per migliorare l’afflusso di aiuti umanitari nella Striscia, dopo avere tentato, senza riuscirci, di ricollegare il molo alla spiaggia di Gaza: il mare mosso ha costretto a più riprese a sospendere le operazioni per evitare danni alle persone e perdite di viveri e medicinali. Il Pentagono attribuisce la rimozione definitiva a “problemi tecnici e legati alle condizioni meteorologiche”.
Guerre: Ucraina, verso conferenza di pace bis con Russia
Rispetto alla guerra tra Israele e Hamas, il conflitto in Ucraina è, invece, più tranquillo o, almeno, meno presidiato dai media, in questa fase. Il presidente Volodymyr Zelensky apre alla presenza della Russia alla conferenza di pace bis, che dovrebbe riunirsi a novembre, quando, però, saranno già noti i risultati delle elezioni statunitensi, il cui esito potrebbe condizionare l’evento.
Le cronache di guerra riferiscono di ormai consueti attacchi aerei incrociati con droni e missili, specie su Kherson – da parte russa – e su obiettivi energetici e industriali – da parte ucraina -.