Esteri
Guerre: recrudescenze in Ucraina e a Gaza, i bambini sono le vittime. Cosa fanno Onu e Nato
Di Giampiero Gramaglia
Dopo settimane di appuntamenti elettorali e minuetti diplomatici, tra Puglia, Svizzera e Bruxelles, carneficine di civili sui fronti di guerra restituiscono priorità all’importanza della pace, proprio quando a Washington si riunisce il Vertice della Nato, che riconferma il sostegno all’Ucraina e ne afferma l’irreversibilità del processo di adesione all’Alleanza.
Fissato in occasione del 75° amnniversario del Trattato dell’Atlantico del Nord, il Vertice della Nato è preceduto dal più intenso bombardamento russo su Kiev e altre città ucraine dall’inverno scorso, con una gragnola di decine di missili che colpiscono, in pieno giorno, edifici residenziali e, nella capitale, un ospedale pediatrico con bambini affetti da tumori: quasi 40 le vittime, circa 200 i feriti – dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che chiede (e ottiene) una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu -.
L’ospedale pediatrico di Kiev è una struttura essenziale per i bambini più malati di tutta l’Ucraina: ogni anno, vi si effettuano circa 7.000 interventi chirurgici, specie per trattare tumori e leucemie.
E’ l’ennesima tragedia di una guerra che dura ormai da quasi due anni e mezzo e che, magari per assuefazione, era finita ai margini dell’attenzione mediatica. Quasi contemporaneamente, nella Striscia di Gaza, l’ennesima operazione militare israeliana contro strutture sanitarie e/o scolastiche fa decine di vittime palestinesi.
In entrabi i casi, i responsabili degli attacchi danno versioni alternative. La Russia afferma d’avere preso di mira solo obiettivi militari e infrastrutture industriali e avanza l’ipotesi che sull’ospedale pediatrico sia caduto un razzo della contraerea o un missile deviato. Israele sostiene che le sue operazioni erano indirizzate contro basi di miliziani di Hamas installate in ospedali o scuole.
L’alto commissario dell’Onu per i diritti umani in Ucraina, Danielle Bell, considera “molto probabile” sull’ospedale pediatrico “un colpo diretto” di un missile russo; e denuncia un crimine di guerra russo. L’Onu stima a quasi 600 i bambini uccisi dall’invasione russa.
Nella Striscia di Gaza, il Ministero della Sanità, gestito da Hamas, annuncia che le vittime di nove mesi di conflitto hanno superato le 38 mila, con oltre 87 mila feriti, in gran parte civili, specie donne e bambini. L’offensiva israeliana risponde agli attacchi terroristici condotti da Hamas e altre sigle palestinesi in territorio israeliano il 7 ottobre – circa 1200 le vittime, centinaia gli ostaggi, oltre cento dei quali non ancora restituiti alle famiglie -.
La recrudescenza delle operazioni militari israeliane mette a repentaglio i fragili negoziati per un cessate-il-fuoco in cambio della liberazione degli ostaggi, in cui pareva di nuovo esserci un lumicino di speranza dopo una fase di stallo – le trattative proseguono tra Doha e il Cairo, sempre con un ruolo attivo degli Stati Uniti -.
Resta alto il rischio di un allargamento del conflitto a Nord, al confine tra Israele e Libano, dove operano le milizie di Hezbollah appoggiate dall’Iran e militarmente molto più dotate di Hamas. Lì c’è, però, un fatto nuovo, che Israele vuole forse valutare prima di lanciare un’offensiva: l’Iran ha appena eletto un presidente moderato e riformista, Masud Pezeshkian, cardio-chirurgo, già ministro della Sanità, che nel ballottaggio ha nettamente battuto, a sorpresa, il conservatore Said Jalili. Pezeshkian potrebbe cercare di riaprire il dialogo con l’Occidente su nucleare e sanzioni e allentare le norme sul velo delle donne che hanno innescato proteste con un’eco mondiale.
Guerre: Ucraina, stallo al fronte, movimenti politico-diplomatici
Nel conflitto in Ucraina, bombardamenti a parte, il fronte è praticamente fermo, mentre ci sono movimenti politico-diplomatici piuttosto inconsueti. In Medio Oriente, le cronache registrano un sussulto delle operazioni nella Striscia, mentre l’attività diplomatica resta sotto traccia; la scena politica interna israeliana è, invece, agitata dalle attese prime ‘chiamate alle armi’ degli ultra-ortodossi.
La scheggia occidentale impazzita che, al momento, crea turbolenze politico-diplomatiche è il premier ungherese Viktor Orban: appena l’Ungheria assume, l’1 luglio, la presidenza di turnlo del Consiglio dell’Ue, inizia un giro di visite a Kiev, a Mosca (dove nessun capo di Stato o di governo dell’Ue è più stato, dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbaio 2022) e a Pechino, muovendosi senza alcun mandato dai partner Ue e Nato.
A Washington, i colleghi della Nato lo accolgono tra la freddezza e il gelo. A Bruxelles, c’è chi mette ‘sotto processo’ l’Ungheria: nel Consiglio e in Parlamento, si parla di privare Budapest della presidenza di turno – decisione senza precedenti e che, comunque, richiede un’unanimità dei 27 estremamente improbabile -.
La ‘missione di pace in solitaria’, come viene definito il periplo di Orban, viene interpretata come un atto di slealtà da parte di molti partner. La Commissione europea, visibilmente irritata, puntualizza che Orban non ha avuto con essa “nessun contatto prima” e non ha fornito “nessuna spiegazione dopo”. A chi chiede se il premier ungherese avesse un mandato negoziale e/o poteri di mediazione, un portavoce dell’esecutivo risponde: “Orban non ha mandato per parlare a nome dell’Ue… Per la mediazione, nessuna delle parti, né l’Ucraina né la Russia, gliel’ha chiesta…”.
Più che in Consiglio, il premier ungherese rischia di pagare dazio in Parlamento, dove è appena riuscito a coagulare intorno a Fidesz, il suo partito, un nuovo gruppo dell’estrema destra, quello dei Patrioti, che ingloba fra gli altri i partiti di Marine Le Pen e Matteo Salvini. Il nuovo gruppo è il terzo per dimensioni dell’Assemblea, ma potrebbe finire al bando: la maggioranza intende, cioè, negargli presidenze di commissione e posti che contano.
Per nulla turbato dai guai di Orban, il presidente russo Vladimir Putin riceve a Mosca il premier indiano Narenda Modi, per cui la soluzione del conflitto “non può avvenire tramite la guerra”: Putin è attivamente impegnato a dimostrare di non essere affatto isolato sulla scena mondiale – è pure andato in Kazakhstan al Vertice dell’Iniziativa di Shanghai -; e, sul piano interno, mantiene il pugno di ferro verso i dissidenti. Un mandato di arresto colpisce la vedova di Alexiei Navalny, Yulia, accusata di essere coinvolta in attività estremistiche. Yulia, da anni, non vive in Russia.
Guerre: Israele, condizioni negoziali ed espansione degli insediamenti
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha stilato un elenco di cinque condizioni per un’intesa con Hamas che preveda une tregua in cambio della liberazione degli ostaggi: l’accordo – prevede fra l’altro l’elenco – deve consentire a Israele di riprendere i combattimenti dopo la tregua, finché non avrà raggiunto i suoi obiettivi, cioè l’eradicazione di Hamas dalla Striscia di Gaza; deve proibire i traffici di armi tra l’Egitto e la Striscia devono cessare; deve escludere che i miliziani di Hamas che ne sono fuggiti tornino nel Nord della Striscia.
La pubblicazione delle condizioni, che appare quasi mirata a fare naufragare la trattativa, è stata fortemente criticata dall’opposizione: “In un momento cruciale dei neoziati sulla restituzione degli ostaggi, a che cosa servono annunci così provocatori?, in che modo aiutano il processo?.
Non è, del resto, la sola mossa provocatoria del premier Netanyahu, che, forse per compemsare la chiamata alle armi degli ultra-ortodossi, avrebbe autorizzato la maggiore confisca di terre in CisgIodania da oltre trent’anni a questa parte: una decisione, rivelata da un gruppo ‘anti-coloni’ e non ancora ufficialmente annunciata, destinata a inasprire le tensioni con i palestinesi e osteggiata dalla strgrande maggioranza della comunità internazionale, per cui gli insediamenti sono illegali.