Esteri
Guerre: Pasqua senza pace, Francesco prega, Vladi e Bibi colpiscono
Di Giampiero Gramaglia
C’è chi, come Papa Francesco, la pace la invoca, a Pasqua e tutti i suoi santi giorni. E c’è chi la pace la sabota, a Pasqua e tutti i suoi empi giorni: i terroristi integralisti della strage alla Crocus City Hall di Mosca, dopo quelli di Hamas che, il 7 ottobre, avevano ucciso 1200 israeliani e ne avevano presi circa 300 in ostaggio; Vladimir Putin che martoria l’Ucraina invasa; Benjamin Netanyahu che, pur di restare al potere e sottrarsi a giustizia ed elettori, gioca col fuoco di un allargamento del conflitto con gli attacchi letali su una sede diplomatica iraniana a Damasco e a un convoglio umanitario ‘made in Usa’ nella Striscia di Gaza – alla faccia dell’attenzione per le vite dei civili -.
I conflitti che insanguinano fette di Mondo e tengono con il fiato sospeso tutto il Mondo vivono drammatici sussulti proprio in coincidenza con la Pasqua. Avviene specialmente nel Medio Oriente, nonostante il Papa denunci “l’assurdità” della guerra, chieda un cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas (dopo che l’ordine in tal senso impartito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu è caduto nel vuoto), insista per la liberazione di tutti gli ostaggi e perché gli aiuti umanitari possano arrivare agli abitanti della Striscia di Gaza allo stremo e senza cibo.
Le parole di Francesco, che, a 87 anni, ritrova vigore nell’appello alla pace della benedizione Urbi et Orbi, coincidono con la fine dell’assedio israeliano di 14 giorni all’ospedale palestinese di Al-Shifa, la più grande struttura sanitaria di Gaza. I giornalisti di Cnn e Washington Post che per primi possono entrarvi riferiscono di “odore di morte” e di infrastrutture distrutte, cadaveri e devastazioni. Il bilancio del ‘repulisti’ nel nosocomio è di circa 200 vittime.
Guerre: Medio Oriente, Israele, un mare tra il dire e il fare
Sulle operazioni di terra a Rafah, Israele gioca la carta del dialogo con Washington, che, mentre critica il governo, non lesina le armi all’esercito: è pronta la vendita di 50 caccia F-15 di un valore di 18 miliardi di dollari, la più grossa fornitura militare Usa a Israele dall’inizio del conflitto. Inoltre, il pacchetto include oltre 1800 bombe da 2000 libre MK84, già utilizzate in episodi bellici sfociati in uccisioni di massa. Il che – osservano media Usa – dà un’idea di quanto resti forte il sostegno degli Stati Uniti a Israele, nonostante i rapporti tra il presidente Joe Biden e il premier Netanyahu siano gelidi.
Israele tiene pure aperto il negoziato con Hamas mediato da Qatar, Usa ed Egitto. Però, un conto sono le parole; e un conto i fatti. L’attacco aereo contro un edificio annesso all’ambasciata iraniana a Damasco, che Israele non rivendica, ma che gli viene unanimemente attribuito, fa oltre dieci vittime di diversa nazionalità – fra di loro, dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e un loro comandante. Mohammad Reza Zahedi, dal 2016 a capo della forza di elite Quds in Libano e in Siria -. Teheran minaccia risposte: c’è il rischio che l’onda di reazione allarghi l’area di guerra ed inneschi ritorsioni di lupi solitari o di cellule dormienti, anche nei nostri Paesi.
Quasi contemporaneamente, un altro attacco missilistico israeliano uccide sette operatori umanitari internazionali della World Central Kitchen che stavano per distribuire viveri nel nord della Striscia, dove l’offensiva militare israeliana in corso da quasi sei mesi riduce alla fame centinaia di migliaia di persone. Israele apre un’inchiesta e non esclude un errore: Netanyahu, cui domenica è stata asportata un’ernia, deve ammettere che “sfortunatamente” operatori umanitari “innocenti” sono stati colpiti “non intenzionalmente”.
Quello che viene definito “un tragico incidente” è oggetto “di un accurato esame”: Israele farà “tutto il possibile perché eventi del genere non si ripetano”. Ma l’episodio letale è l’ennesimo di una guerra che ha già fatto oltre 31 mila vittime, nella stragrande maggioranza civili, donne, bambini.
Il “tragico incidente” acuisce le tensioni tra il presidente Usa Joe Biden e Netanyahu, mentre la World Central Kitchen, un’organizzazione umanitaria fondata dallo schf stellato José Andrés, sospende le operazioni a Gaza: il convoglio è stato colpito – dice la Ong – “nonostante avesse coordinato i movimenti con l’esercito israeliano”. Fra le vittime, cittadini australiani, britannici e polacchi, oltre a due palestinesi con doppia nazionalità (Usa e canadese).
C’è il rischio di un rallentamento nell’invio e nella distribuzione degli aiuti internazionali, proprio quando il pericolo di carestia nella Striscia è imminente e generalizzato. Operando in collaborazione con gli Emirati Arabi Uniti, la World Central Kitchen aveva fatto arrivare, lunedì, da Cipro, tre navi con circa 400 tonnellate di viveri e rifornimenti. L’esercito israeliano era al corrente dello scarico e della distribuzione degli aiuti.
Nei giorni scorsi, il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha insistito per una riforma dell’Autorità nazionale palestinese, che governa la Cisgiordania e che potrebbe essere coinvolta, dopo la guerra, nella gestione della Striscia, Parlando al telefono con il presidente dell’Autorità Abu Mazen, Blinken ha sottolineato l’impegno statunitense “alla creazione di uno Stato palestinese indipendente
con garanzie di sicurezza per Israele”. La scorsa settimana, il presidente Abu Mazen ha provveduto a insediare un nuovo governo, fatto per lo più di figure finora poco note.
L’attacco su Damasco, di cui Washington non era stata preventivamente informata, e l’uccisione degli operatori umanitari hanno suscitato proteste e rimostranze non solo nel Mondo arabo, ma anche in Occidente e, in particolare, nell’Ue, dove la Spagna ha assunto una posizione molto critica. Perplessità desta pure l’intenzione israeliana di limitare l’accesso all’informazione di al Jazeera, la tv che più racconta quanto accade nella Striscia: diversi suoi giornalisti sono stati uccisi nel conflitto. Il capo della diplomazia europea Josep Borrell avverte: “Niente affari con chi viola i diritti umani e i principi dell’Onu”.
Guerre: Ucraina, Zelensky, senza aiuti costretti ad arretrare
Sul fronte dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le cronache, stantie, ma non per questo meno tragiche, ripetono la litania di attacchi russi alle infrastrutture energetico-industriali ucraine e di sporadici contrattacchi ucraini in territorio russo. Da Kiev, il presidente Volodymyr Zelensky fa sapere che le forze ucraine dovranno cedere ulteriore territorio alle truppe d’invasione e che alcune grandi città potrebbero cadere se non arrivano presto gli aiuti americani.
Da novembre, un pacchetto di aiuti internazionali – attualmente, 95 miliardi di dollari, 60 dei quali per l’Ucraina, è bloccato in Senato dall’opposizione repubblicana all’Amministrazione democratica del presidente Biden. Ci sono timidi segnali che la situazione potrebbe sbloccarsi, ma, intanto, è evidente che gli ucraini al fronte sono in difficoltà, perché gli aiuti militari europei non sono sufficienti. E se Kiev ha difficoltà di leva, Mosca lancia un bando per coscritti ordinario, ma innalzando l’età dei chiamati alle armi da 27 a 30 anni: l’impegno è che chi risponderà alla chiamata non andrà a combattere in Ucraina la guerra che il patriarca Kiril ha ormai chiamato “santa”.
Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali stanno intanto valutando se trasferire alla Nato la gestione d’un gruppo multinazionale attualmente a guida Usa, il gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina che coordina la spedizione di armi a Kiev. La mossa – scrive Politico – è finalizzata a mantenere il flusso d’aiuti all’Ucraina anche nel caso di una seconda presidenza di Donald Trump.
Mosca è ancora alle prese con gli strascichi dell’attentato alla Crocus Cvity Hall: indagini, arresti, accuse all’intelligence di Kiev. L’Amministrazione Usa aveva avvisato Mosca che il teatro era potenziale obiettivo di un attacco terroristico più di due settimane prima della strage poi compiuta dall’Isis -K: lo riferisce il Washington Post, citando fonti statunitensi protette dall’anonimato e informate dei fatti. L’alto grado di specificità contenuto nell’avvertimento indica, da una parte, che l’intelligence Usa era sicura del fatto suo e contraddice, d’altra parte, le affermazioni di Mosca secondo cui i moniti erano stati troppo generici per consentire di prevenire l’assalto.
Nelle dichiarazioni di alcuni leader europei, a partire dal premier polacco Donald Tusk, continuano ad avvertirsi venti di guerra, mentre la portavoce del Pentagono Sabrina Singh prova a rassicurare gli alleati: “Difenderemo ogni centimetro del territorio Nato”. È tornato attuale il vecchio motto “Se vuoi la pace, prepara la guerra”: Polonia e Paesi Baltici temono di essere il prossimo obiettivo d’un attacco russo. E, nell’analisi delle intelligence, le frasi di Putin, secondo cui i caccia F-16 forniti all’Ucraina sono obiettivi russi legittimi – anche su campi d’aviazione di Paesi Terzi -, rappresentano un’escalation nella retorica che può condurre a una guerra.
Guerre: un quadro d’insicurezza globale
L’insicurezza globale non si limita al Medio Oriente e all’Ucraina. La diplomazia statunitense è attiva su tutti i fronti di conflitto e di tensione: lunedì, Biden ha parlato al telefono con il presidente cinese Xi Jinping, per la prima volta dopo l’incontro di novembre a San Francisco: fitta l’agenda, con la conferma della rinnovata cooperazione militare per evitare incidenti per errore; la situazione a Taiwan, poi colpita la mattina di mercoledì da un violento terremoto; l’intelligenza artificiale e TikTok, cui il Congresso di Washington intende porre restrizioni; la lotta al traffico di droga, specie il fentanyl. Positivo di per sé il colloquio, ma non risolutivo su nessuno dei temi in discussione.
Ad aggravare il quadro di insicurezza globale, in particolare nel Pacifico, la Corea del Nord testa “con successo” – dice – un nuovo missile balistico a raggio intermedio con testata ipersonica e fa sapere che tutti i missili sviluppati dal Paese hanno ormai capacità nucleare. Secondo quanto scrive la Kcna, l’agenzia di stampa nord-coreana, il presidente nordcoreano Kim Jong-un ha guidato il test del missile Hwasong-16.
L’esercito sudcoreano conferma di avere rilevato il lancio di un missile balistico ipersonico: l’ordigno ha volato per circa 600 chilometri prima di cadere nel Mare Orientale.