Esteri

Guerra Israele – Hamas: l’accordo sugli ostaggi un barlume di speranza

22
Novembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

L’accordo sulla liberazione d’una cinquantina di ostaggi, in cambio d’un cessate-il-fuoco di almeno quattro giorni e dell’uscita di centinaia di detenuti palestinesi dalle carceri israeliane – tre per uno, esclusi i condannati per omicidio – non mette fine alla guerra di Israele contro Hamas, ma certo dà “un barlume di speranza”, nella lettura della Cnn e di molti media di tutto il Mondo. Nella trattativa, hanno avuto un ruolo essenziale Usa e Qatar, oltre a molti altri attori arabi e non.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiarito i limiti dell’intesa, prima che il suo governo l’accettasse, nel cuore della notte tra martedì e mercoledì, dopo una riunione durata sette ore e segnata da forti contrasti: «La guerra – ha detto – continuerà finché Hamas non sarà distrutta». Netanyahu ha usato un linguaggio bellicoso: le forze israeliane resteranno sul ‘chi vive’, anche durante la tregua; pronte a riprendere le ostilità.

Gli ostaggi liberati saranno essenzialmente donne e bambini – fra essi, tre cittadini statunitensi, compresa Abigail, una bimba di tre anni, i cui genitori sono stati uccisi nei raid terroristici in Israele del 7 ottobre -. Nelle mani di Hamas e di altre sigle terroristiche palestinesi, resteranno quasi 200 ostaggi, catturati in quelle incursioni che fece circa 1200 vittime – la cifra è stata corretta, rispetto alle prime stime di 1400 -.

La tregua sarà di quattro giorni, estendibile a cinque: è la più lunga di questo conflitto che va avanti da sette settimane – domenica saranno 50 giorni -, con bombardamenti da terra, dal mare e dal cielo sulla Striscia di Gaza e, da oltre due settimane, l’invasione del Nord della Striscia: i combattimenti al suolo, la distruzione di scuole, l’irruzione in ospedali, gli attacchi a campi di profughi. Il numero delle vittime palestinesi supera le 11 mila, ma non è più aggiornato regolarmente dal 10 novembre, cioè da quando le comunicazioni sono state tagliate.

Politico.com fa una dettagliata ricostruzione delle trattative per la liberazione degli ostaggi, basata sul resoconto di fonti statunitensi. L’accordo, lungo molte pagine, entra in vigore domani, giovedì 23 novembre, e prevede la sospensione dei voli di droni sulla Striscia per alcune ore ogni giorno durante la tregua, per impedire a Israele di capire dove gli ostaggi sono detenuti e da dove escono.

Con tutti i suoi limiti, e nonostante le puntualizzazioni di Netanyahu, che servono a rabbonire l’ala più oltranzista del suo governo, l’intesa costituisce il maggior risultato diplomatico finora conseguito in questo conflitto. Il presidente Usa Joe Biden e la sua Amministrazione sperano che apra la strada a un incremento degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese – sono espressamente previsti – e crei spazio per ulteriori negoziati e la liberazione degli altri ostaggi.

La Cnn parla di “un momento di umanità in una guerra selvaggia, che ha imposto inaudite violenze ai civili sia israeliani che palestinesi”. Ma tutte le parti sono consapevoli del rischio che l’accordo, fragile ed esposto alle provocazioni di entrambe le parti, salti da un momento all’altro.

Guerra Israele – Hamas: la questione degli ostaggi
La liberazione degli ostaggi è uno degli obiettivi essenziali della guerra avviata dallo Stato ebraico nella Striscia di Gaza contro i fondamentalisti islamici; ed è, anzi, l’unico obiettivo, per i familiari, che da settimane manifestano a migliaia contro il Governo Netanyahu e le sue scelte. La pressione delle famiglie degli ostaggi è intensa e ininterrotta: ci sono state marce da Tel Aviv a Gerusalemme e ci sono manifestazioni, sit-in, proteste in tutto il Paese.

L’imminenza dell’intesa era stata confermata, a più ripresa, da Biden e dalla sua Amministrazione. La questione degli ostaggi è resa più complessa dal fatto che non tutti sono nelle mani di Hamas, che ha pubblicamente ammesso di avere perso i contatti, in diversi casi, con le altre fazioni armate. E le trattative subiscono delle battute d’arresto, ad esempio quando gli israeliani accusano Hamas d’avere ucciso la soldatessa catturata e trovata morta – vittima di bombardamenti israeliani, secondo i palestinesi -.

Guerra Israele – Hamas: orrori e sprazzi di umanità
Negli ultimi giorni, fra gli orrori della guerra, c’erano stati sprazzi di umanità a Gaza: 28 neonati, o 31 secondo altre fonti, prematuri sono stati evacuati dalla Striscia e portati in Egitto, dove potranno ricevere le cure necessarie alla loro sopravvivenza, mentre s’intensificava il trasferimento in Egitto, attraverso il valico di Rafah, di pazienti e feriti la cui vita è in pericolo.

Ma i combattimenti non erano mai cessati. All’ospedale di al-Shifa, il più grande di Gaza, pazienti e personale medico sono stati obbligati ad abbandonare letti e cliniche dopo che l’esercito israeliano vi aveva trovato dedali di gallerie che sarebbero serviti a custodire ostaggi e a tenere al sicuro i capi di Hamas – affermazioni smentite dalle fonti palestinesi -. A Gerusalemme, c’è pure chi ricorda che furono gli israeliani a scavare i tunnel, quando controllavano la Striscia.

Al confine con il Libano, gli scontri tra esercito e Hezbollah, la milizia sostenuta dall’Iran, sono cruenti. Durante un attacco aereo israeliano, in risposta a incursioni di Hezbollah, sono rimasti uccisi la giornalista Farah Omar e il cameraman Rabie Al-Maamari dell’emittente Al-Mayadeen. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, dal 7 ottobre sono morti 50 reporter sul fronte di Gaza e al confine tra Israele e Libano.

Cinque palestinesi, indicati come membri di Hamas, sono stati uccisi nel sud del Libano: un drone ha centrato l’auto su cui viaggiavano e il video con i corpi carbonizzati è stato postato sui social.

Guerra Israele – Hamas: opinione pubblica e diplomazia
Negli Stati Uniti, la guerra in Medio Oriente sembra segnare una svolta nell’atteggiamento dell’opinione pubblica e l’affermarsi “di una nuova generazione politica”, osservano i media liberal. Le scene da Gaza di distruzioni e sofferenze aprono squarci nel sostegno Usa allo Stato ebraico.

Il rifiuto del presidente Biden di esercitare decisive pressioni sul premier Netanyahu perché accetti un cessate-il-fuoco gli sta costando il sostegno dei giovani e dei progressisti, due componenti vitali della coalizione necessaria alla sua rielezione. Un sondaggio della Nbc mostra che il 70% di chi ha tra i 18 e i 34 anni disapprova la gestione del conflitto da parte di Biden.

La diplomazia non fa progressi, anche se le riunioni si succedono: un vertice virtuale del G20 è stato convocato per oggi pomeriggio; fra i partecipanti, per la prima volta dall’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la premier italiana Giorgia Meloni seguono l’incontro insieme da Berlino.

In visita in Israele e in Palestina per portare la solidarietà Ue ed esplorare percorsi di pace, il ‘capo della diplomazia’ europea Josep Borrell dice che “Un orrore non giustifica un altro orrore”. Borrell insiste sulla soluzione dei due Stati, ma i 27 sono fra loro divisi anche sugli aiuti umanitari da dare alla popolazione palestinese.

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