Esteri
Guerra Israele – Hamas: Biden non innesca la de-escalation, tensione resta altissima
Di Giampiero Gramaglia
Era già una missione difficile. La strage dell’ospedale l’ha trasformata in una missione impossibile. Risultato: qualche progresso sul fronte umanitario, ma nessun effetto di de-escalation nell’area, dove la tensione resta altissima.
Il presidente Usa Joe Biden, ieri in Israele per appena otto ore, ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma non ha visto, come progettava, gli interlocutori arabi, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, il re di Giordania Abdallah II e il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al Sisi.
Il bombardamento dell’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital di Gaza, rifugio di molte famiglie, ha fatto, secondo fonti palestinesi, 471 vittime e oltre 300 feriti – molti i bambini – e ha innescato reazioni pro Palestina nel Mondo arabo, nonostante la dinamica della tragedia non sia chiara.
Peggiora pure la situazione al confine tra Israele e il Libano: ieri, ci sono stati scambi di colpi lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi. L’Arabia Saudita consiglia ai suoi cittadini di lasciare il Paese dei Cedri.
Israele diviene terra di pellegrinaggio: solidarietà e invito alla moderazione. Prima di Biden, c’era stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz; subito dopo arriva il premier britannico Rishi Sunak.
Guerra Israele – Hamas: i risultati della visita di Biden in Israele
Il primo incontro tra Biden e Netanyahu è avvenuto in diretta televisiva: Netanyahu ha paragonato l’attacco terroristico di Hamas ai civili israeliani del 7 ottobre a “venti 11 settembre 2001” e la lotta contro l’organizzazione islamista palestinese alla lotta contro l’Isis.
Biden lo ha rassicurato: “L’America piange con voi. Continueremo a sostenervi”, ricordando, però, che Hamas non è tutto il popolo palestinese. “Giustizia deve essere fatta – ha detto Biden -… Ma, fin quando la rabbia vi brucia dentro, non fatevi consumare da essa”. Tra i due, i rapporti personali non sono eccellenti, fin dai tempi dell’Amministrazione Obama.
Biden ha annunciato un pacchetto “senza precedenti” di aiuti militari a Israele, ma ha pure ottenuto il via libera all’apertura del valico di Rafah per una missione umanitaria su Gaza, chiesta dagli Usa anche perché ciò permetterà di evacuare i palestinesi con doppia nazionalità bloccati nella Striscia. Gli aiuti Usa promessi a Gaza valgono 100 milioni di dollari.
L’accordo prevede l’ingresso nella Striscia di 20 autotreni con aiuti umanitari, 12 giorni dopo che Israele ha sigillato l’area, bloccando a 2,3 milioni di persone l’accesso a viveri, energia, medicinali.
Guerra Israele – Hamas: il giallo dell’esplosione all’ospedale
Le forze armate israeliane negano che il bombardamento dell’ospedale e accusano la Jihad Islamica, una fazione armata presente nella Striscia, un tempo concorrente, ma ora alleata con Hamas (ha pure partecipato agli attentati del 7 ottobre). Argomenti e documenti dell’una e dell’altra parte sono al vaglio di giornalisti e fact-checkers: non ci sono per ora prove inequivocabili del coinvolgimento d’Israele o dei palestinesi.
Le fonti militari israeliane hanno pubblicato un video che mostrava, apparentemente, l’esplosione in volo di un razzo sparato da Gaza. L’orario del filmato però non corrispondeva all’ora degli eventi; e il contenuto è stato poi cancellato. Proprio come un tweet di un social media manager israeliano, che esultava per l’attacco contro posizioni di Hamas nell’ospedale.
Le forze armate israeliane hanno poi diffuso altri materiali audiovisivi e analisi a riprova della tesi del razzo palestinese, con una presunta telefonata tra due miliziani di Hamas, la cui veridicità è però contestata.
A Netanyahu. Biden ha detto di “avere capito” che “è stata l’altra squadra” a provocare la tragedia e l’intelligence statunitense pare orientarsi in tal senso, almeno in base agli elementi finora disponibili. Il Consiglio di Sicurezza nazionale parla di valutazioni fondate “su immagini satellitari, intercettazioni e fonti aperte”: l’intelligence statunitense “continua a raccogliere e ad analizzare prove e informazioni”.
Il vescovo anglicano di Gerusalemme ha affermato che l’ospedale aveva ricevuto almeno tre ordini di evacuazione da parte dei militari israeliani prima dell’esplosione e che già sabato due piani del nosocomio erano stati colpiti da bombe israeliane.
L’Onu e l’Ue chiedono un indagine, proteste arabe
Onu e Ue chiedono che i fatti siano accertati, mentre le proteste arabe dilagano, dal Nord Africa all’Asia, passando per la penisola arabica. A Istanbul, a Teheran e altrove sono stati presi di mira consolati e sedi israeliani; ad Amman, in centinaia hanno tentato di fare irruzione nell’ambasciata d’Israele; e migliaia di egiziani sono scesi in piazza in diverse città per solidarietà con i palestinesi della Striscia di Gaza. Il presidente al-Sisi dice: “Se chiedo al popolo egiziano di scendere in piazza, saranno milioni”.
Proteste anche in Cisgiordania e in Libano, a Beirut, dove Hezbollah aveva già invocato il “giorno della rabbia”. Molte ambasciate israeliane sono state evacuate (persino a Buenos Aires). La tensione è palpabile, anche in Europa. In Francia, ieri, è stata di nuovo sgomberata la reggia di Versailles e sono stati evacuati sei aeroporti (Lilla, Lione, Nantes, Nizza, Tolosa e Beauvais, a nord di Parigi), oltre a uno in Belgio.