No, l’incoronazione di re Carlo non è stata solo un solenne spettacolo in mondovisione, sabato scorso. C’è qualcosa di più profondo, che riguarda il senso stesso della monarchia britannica, e che forse molti avevano già afferrato durante i lunghi e commossi giorni di veglia funebre in onore della regina Elisabetta, alcuni mesi fa.
Qui si tratta di superare i pregiudizi: vivendo noi in una repubblica, e avendo alle spalle – in Italia – prove novecentesche non lusinghiere della nostra passata monarchia, si potrebbe essere portati, in modo automatico e quasi inintenzionale, a immaginare le monarchie (tutte le monarchie) come fenomeni fuori dalla storia, impensabili, retaggi del passato. Ma come: un sovrano per diritto familiare e di sangue?
A pensarci meglio, però, le cose sono più complesse: anche perché, a partire proprio dal Regno Unito, alcune monarchie sono state storicamente capaci di aiutare il loro paese a resistere agli incubi del Novecento. Ma c’è di più: quando funzionano, le monarchie sono per definizione l’istituzione che cuce passato e presente, un bastione della tradizione e insieme un elemento di modernizzazione, accompagnando dolcemente le trasformazioni della società, incoraggiandole e insieme rispecchiandole.
Ovvio che in politica a decidere sia il Parlamento, in base al voto dei cittadini. Dalla Magna Charta in poi, i britannici hanno spiegato al mondo cosa siano le istituzioni rappresentative e quanto sia sana la limitazione del potere. Ma è significativo che, al di là della contesa politica, ci sia un punto (un luogo “simbolico”) capace davvero di esprimere unità, senso di appartenenza e condivisione. Molto più di quanto possano farlo le repubbliche dei partiti, o cariche istituzionali monopolizzate da uomini di fazione, che difficilmente – nonostante la “grazia di stato” – possono essere o apparire o diventare del tutto “terzi”.
E con un felice paradosso – lo notava mesi fa sul Telegraph Allister Heath – proprio la monarchia, oggi, esprime bene quel senso di limitazione del potere assoluto che la Magna Charta volle introdurre per arginare il sovrano. A parti invertite, adesso è l’istituzione monarchica a ricordare ai politici pro tempore al potere che non hanno “controllo totale”, che sopra di loro ci sono principi e istituzioni che dureranno anche dopo ogni singola stagione di governo.
E’ evidente che il Regno Unito abbia una storia del tutto peculiare, ben diversa da altre monarchie e altre case reali. Ma sarebbe il caso di discutere laicamente anche di questi temi, senza pregiudizi, senza schemini precostituiti. Pensate alla “performance” della nostra repubblica e delle sue istituzioni: in tutta sincerità, possiamo dire di essere davvero uniti, al di là delle sane e fisiologiche divisioni politiche? Ci sono legami profondi che ci facciano sentire tutti parte di qualcosa di comune? Ci sono vincoli che ci aiutino a rendere più accettabile l’idea di poter perdere un’elezione e di essere governati dagli altri, da chi ci è più lontano, senza timori e con autentica fiducia? Con onestà intellettuale, si fa fatica a rispondere tre volte “sì” e senza incertezze a queste domande.