Esteri
Elezioni al centro della settimana politica internazionale
Di Beatrice Telesio di Toritto
Nell’anno in cui si contano più elezioni nella storia, la settimana in corso rappresenta forse uno dei momenti più importanti e delicati. Tre grandi elezioni che si sono svolte o si stanno svolgendo in questi giorni hanno il potenziale di cambiare le dinamiche sicuramente europee ma probabilmente anche globali. Parliamo delle legislative in Francia e Regno Unito, da una parte, e delle presidenziali in Iran dall’altra. Francesi e britannici si sono recati alle urne quasi in contemporanea: nel Regno Unito si è votato giovedì mentre in Francia si svolgerà domenica prossima il secondo turno dopo le prime votazioni del 30 giugno. In entrambi i casi si tratta di elezioni legislative anticipate, che secondo le previsioni si concluderanno entrambe con una forte sconfitta dei partiti di governo. Ma le similitudini finiscono qui. Londra, infatti, ha svoltato a sinistra, mentre la Francia assiste a una prepotente ascesa dell’estrema destra insieme a una polarizzazione assoluta dello spazio politico. Questa differenza nasce dal fatto che nei due paesi sono in corso cicli politici diversi. In qualche modo la Francia rischia di vivere oggi lo stesso clima politico che nel 2015 aveva portato gli inglesi ad approvare la Brexit, ovvero un salto nel vuoto dalle conseguenze imprevedibili per il paese, per i cittadini e per l’Europa. Dopo il successo alle europee i primi di giugno, il partito di estrema destra Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen ha ottenuto una clamorosa vittoria domenica scorsa, mentre i centristi di Macron sono rimasti al terzo posto dietro una coalizione di sinistra. Da allora è in atto un’intensa settimana di campagna elettorale in vista del secondo turno per impedire all’estrema destra di ottenere la maggioranza assoluta e il controllo del governo. Nel Regno Unito invece è stata confermata la schiacciante vittoria del partito laburista, di centrosinistra, dopo 14 anni di governo dei Tories: Keir Starmer sarà quindi il prossimo Primo Ministro. Secondo i dati diffusi dalla Bbc, i Laburisti hanno infatti ottenuto 412 sui 650 seggi disponibili, conquistando quindi la maggioranza assoluta della Camera dei Comuni, contro i 120 presi dai Conservatori, ben 250 in meno rispetto alle precedenti elezioni del 2019. Un trionfo su tutta la linea quindi quello del partito di Starmer che sembra contrastare la tendenza al declino del centrosinistra e l’avanzata delle destre in molti altri paesi occidentali.
Anche l’Iran sta affrontando un notevole abbassamento dei consensi della leadership al potere, seppur con le dovute differenze legate alla non democraticità del paese. Il candidato riformista Masoud Pezeshkian e l’ultraconservatore ed esponente del regime Saeed Jalili hanno dominato il primo turno delle elezioni presidenziali svoltesi venerdì scorso, rispettivamente con il 42.5% e il 38.6% delle preferenze. Nessuno dei due candidati ha ottenuto però più del 50% dei voti necessari per vincere al primo turno: si sfideranno al ballottaggio venerdì 5 luglio. Dopo anni di turbolenze economiche e sociali, i risultati elettorali del primo turno mostrano chiaramente un calo del sostegno sia per i riformisti che per i conservatori, sebbene il successo di Pezeshkian indichi un’importante mobilitazione della base riformista nel paese contraria alla radicalizzazione del paese.
E dirigendo lo sguardo oltreoceano, verso le elezioni forse più attese dell’anno, il cammino di Joe Biden verso la nomination per la Casa Bianca si fa sempre più tortuoso e nel blocco democratico che finora lo ha sostenuto comincia a crearsi qualche crepa, soprattutto a seguito della disastrosa performance al dibattito televisivo. Mercoledì sera il presidente ha incontrato diversi dei più importanti esponenti del Partito per comunicare loro che intende rimanere in corsa per la presidenza, ricevendo dai governatori democratici un esplicito sostegno alla sua campagna. Tuttavia, continuano a circolare voci su un possibile sostituto di Biden all’interno delle file dem e tra i nomi papabili quello del governatore Josh Shapiro, ma anche di Gavin Newsom (California), Gretchen Whitmer (Michigan) e J.B. Pritzker (Illinois). I tempi per decidere cosa fare sono strettissimi: mancano meno di quaranta giorni – quando si svolgerà la Convention estiva di Chicago – per trovare una soluzione concreta a un confronto politico che per ora avviene del tutto sottotraccia, considerando che nessun alto esponente del Partito si è fatto ufficialmente avanti per chiedere a Biden di ritirarsi. Nel frattempo, si amplia il vantaggio di Trump nei confronti di Biden: secondo un sondaggio di New York Times e Siena College, l’ex presidente ha il 49% delle preferenze contro il 43% di Biden. Donald Trump sta vincendo, è avviato verso un secondo mandato e Joe Biden non sembra avere la forza di rimontare e di contrastarlo.