Putin ha sostenuto sin dal primo momento che la guerra in Ucraina, da lui definita “operazione militare speciale”, abbia lo scopo di proteggere e liberare la popolazione russa dal governo di Kiev. Senza scadere in interpretazioni economicistiche della Storia, è ovvio pensare che, tra le cause dell’attacco di Mosca, ci siano molti altri motivi. Tra i principali non si può escludere la ricchezza di un territorio da lungo conteso e ormai conosciuto da tutti, il Donbass.
Partiamo da un quadro geografico. L’Ucraina è divisa in due dal Dnepr: a est del fiume si trovano risorse minerarie e industrie, a ovest le sconfinate coltivazioni agricole del “granaio d’Europa”, fondamentali per un Paese che è il primo produttore al mondo di olio di semi di girasole, il quinto di mais, il settimo di grano, il terzo di patate, il sesto di barbabietole da zucchero.
Ma la componente industriale non può essere sottovalutata: in Ucraina si contano 900 siti industriali, 40 fabbriche metallurgiche, 177 siti chimici ad alto rischio, 113 siti che usano materiali radioattivi, 248 miniere e 1.230 chilometri di tubature che trasportano gas, petrolio e ammoniaca.
Una regione ricca di carbone, gas e petrolio, oltre che di ferro (qui si trovano il 10% delle riserve mondiali), manganese, titanio (6%) e uranio, e anche la zona dove si trovano le maggiori riserve in Europa di metalli e terre rare alla base dell’industria del futuro, utilizzati in ingenti quantità sia nell’industria hi-tech (per fabbricare smartphone, fotocamere e luci led) che nella green economy.
Dal Donbass proviene inoltre il 90% del gas neon, base dei chip elettronici. La Iceblick di Odessa produce il 65% di tutto il neon del mondo ed è fornitrice privilegiata della Silicon Valley. Quanto al litio, importante per l’automotive, a Donetsk il gruppo australiano European Lithium – ha riportato Repubblica – a inizio anno aveva chiuso un maxi-contratto di estrazione, e la cinese Chengxin stava finalizzando una concessione: non se ne è fatto nulla.
Strettamente connesso a questa ricchezza del sottosuolo è lo sviluppo industriale di tutto il sud-est ucraino. L’acciaieria simbolo dell’assedio a Mariupol, la Azovstal, fondata nel 1837 e rilanciata nel 1933, è la più grande d’Europa. Malgrado le tensioni già in atto, l’impianto ha fatturato l’anno scorso 2,7 miliardi di euro (il 40% in più dell’Ilva di Taranto).
Ma l’Ucraina, pur essendo uno dei Paesi al mondo più ricchi di risorse minerarie, non le ha ancora sfruttate appieno. Complessivamente il Paese, in cui sono censiti 20 mila depositi e siti minerari, che comprendono 97 tipi di minerali, ricava il 42% del Pil dalle risorse minerarie.
Certo, a fine guerra il Donbass, zona in declino e martoriata sin dal 2014, verserà con ogni probabilità in condizioni ancora peggiori di quelle attuali. Per chiunque avrà il possesso della regione, servirà tempo e denaro per ricostruire, rimettere in funzione gli impianti e sfruttarli a pieno.
Ma chi riuscirà nell’impresa, oltre alla vittoria ideologica e morale, avrà un importante tesoretto di cui servirsi.