Esteri
Donald Trump riconquista la Casa Bianca: analisi di una vittoria e delle sue ripercussioni
Di Beatrice Telesio di Toritto
Le elezioni presidenziali del 5 novembre hanno segnato il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, in una competizione che ha visto la vicepresidente uscente Kamala Harris perdere con un margine molto più significativo di quanto previsto dai sondaggi. L’Associated Press ha confermato che già mercoledì mattina, nonostante si ipotizzassero giorni per il conteggio definitivo, Trump aveva raggiunto la soglia dei 270 grandi elettori necessaria per decretarne la vittoria, conquistando tutti e sette gli stati in bilico, anche i cosiddetti Blue Wall come Pennsylvania, Wisconsin e Michigan – conosciuti per la loro storica affinità democratica. Una vittoria inequivocabile su tutta la linea. Stando alle prime analisi post voto, uno dei fattori determinanti della vittoria di Trump è stato il suo successo nel diversificare la base elettorale, riscuotendo ampio consenso anche tra le comunità latinoamericane e afroamericane che in passato tendevano a votare per il Partito democratico o che, per motivi di disillusione, aveva deciso di astenersi. Le tematiche economiche e l’immigrazione sono state centrali nella strategia repubblicana: l’economia americana, nonostante l’attuale periodo florido, ha vissuto anni complessi, e Trump ha fatto leva sulle preoccupazioni economiche e sui timori legati alla crescita dell’immigrazione, promettendo un approccio “America First”. Harris, pur puntando su una linea più progressista, non è riuscita a smarcarsi dall’eredità dell’amministrazione Biden, che ha subito pesanti critiche per la gestione dell’inflazione e delle politiche sociali. Questa connessione con l’amministrazione uscente è risultata particolarmente gravosa per la sua candidatura, limitando la sua capacità di promuovere una piattaforma indipendente e incisiva. Di fronte a questa sconfitta, il partito democratico si trova davanti a un momento di profonda riflessione e autoanalisi, prendendo atto della necessità di rivedere le proprie strategie e la veicolazione dei propri messaggi, soprattutto per quanto riguarda gli elettori delle periferie e quelli appartenenti alle comunità etniche. Al contrario, la vittoria rafforza la posizione di Trump all’interno del partito repubblicano, consolidando la sua leadership e dettando una chiara direzione per i prossimi anni. La sua capacità di mobilitare un’ampia base elettorale, sostenuta da una comunicazione aggressiva e diretta, sembra destinata a influenzare le dinamiche politiche degli Stati Uniti anche oltre il 2024.
Naturalmente ci saranno ripercussioni anche oltreoceano. In politica estera la vittoria di Trump potrebbe indebolire i legami transatlantici, portando l’Europa a investire maggiormente nella propria difesa e ad assumere un ruolo più autonomo, specialmente nelle aree di interesse strategico come il Mediterraneo. Dal punto di vista economico, un ritorno al protezionismo americano potrebbe penalizzare le esportazioni europee, colpendo settori chiave come l’automobilistico e l’agroalimentare, fondamentali per l’Italia. Sul fronte ucraino, Trump potrebbe invece ridurre il supporto americano contro la Russia, spingendo Kiev a esplorare nuove alleanze o persino a considerare un arsenale nucleare per difendersi. L’elezione di Trump, che preannuncia quindi cambiamenti significativi, dovrebbe tuttavia mantenere una linea di continuità in Medio Oriente, con un forte sostegno a Israele e la ricerca della normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita.
Restano comunque ancora alcune tappe da seguire nei prossimi mesi per giungere alla formale assunzione dell’incarico e all’inizio del mandato del nuovo presidente. Anzitutto, per poter essere definito formalmente “presidente eletto”, Trump dovrà aspettare il 17 dicembre, quando i grandi elettori si riuniranno nel cosiddetto collegio elettorale per decretare formalmente presidente e vicepresidente. Gli stati avranno fino a una settimana prima (11 dicembre) per contare tutti i voti e dirimere eventuali controversie relative alla selezione dei propri grandi elettori. Il 3 gennaio 2025 si riunirà per la prima volta il nuovo Congresso e verrà scelto il nuovo speaker della Camera. Il 6 gennaio, il Congresso si riunirà in seduta plenaria per contare i voti dei 538 grandi elettori e certificare il vincitore – lo stesso giorno infatti in cui, nel 2021, i sostenitori di Donald Trump assaltarono il Campidoglio per ostacolare il processo di certificazione. Donald Trump si insedierà infine con una cerimonia davanti al Campidoglio – a Washington D.C. – il 20 gennaio: è il cosiddetto “inauguration day”, il giorno in cui inizia ufficialmente il mandato presidenziale.