Esteri
Il Consiglio Ue vara lo sblocco di altri fondi con REPowerEU
Di Giampiero Cinelli
L’Europa batte un colpo sui fondi per l’energia. C’è l’accordo provvisorio tra Consiglio Europeo e Parlamento Ue (deve essere confermato successivamente nelle sedi ufficiali) per sbloccare altre risorse da legare al capitolo di REPowerEU e da inserire nell’ambito dei Pnrr. Per l’Italia si tratterebbe di 9 miliardi in più da spendere. A questi si aggiunge il 10% delle risorse non ancora spese della Politica di Coesione 2014-2020, una cifra intorno ai 4 miliardi, che potranno essere impiegati in aiuti diretti a famiglie e imprese. Ai fondi dirottati su RePower non si applicherà la regola del cofinanziamento nazionale. La novità non riguarda i fondi della Politica Agricola comune.
I progetti saranno implementati da febbraio 2023 e potranno riguardare investimenti nuovi o il rafforzamento di programmi già avviati. In ultimo, con l’accordo sono reperibili ulteriori 20 miliardi complessivi, provenienti dal mercato europeo per lo scambio delle emissioni nocive (Ets), a disposizione dei Paesi per potenziare le fonti rinnovabili e velocizzare la transizione energetica.
«Con l’accordo di oggi su REPowerEu vengono concordate anche le misure “Supporting Affordable Energy” (Safe), nell’ambito della politica di coesione per attutire l’impatto dei prezzi elevati dell’energia – ha spiegato la commissaria europea per la Coesione Elisa Ferreira –. Le misure consentiranno agli Stati membri e alle regioni di utilizzare fino al 10% dei loro stanziamenti per la Coesione 2014-20 per sostenere le piccole e medie imprese che devono far fronte ai prezzi elevati dell’energia, affrontare la povertà energetica nelle famiglie vulnerabili, mantenere i posti di lavoro attraverso schemi di lavoro a tempo determinato».
Fondi di Coesione 2021-2027
Attivata poi l’eventualità, per le nazioni intenzionate, di utilizzare fino al 7,5% dei fondi coesione 2021-2027. Ma non ci sarà questa possibilità per il Fondo di Sviluppo Rurale, come invece all’inizio era stato considerato. Ad ogni modo, il contesto sta facendo emergere l’opinione in seno a molti parlamentari che i meccanismo di funzionamento del budget europeo vada adeguato ai tempi. Adattandolo alle crisi attuali e alle esigenze di maggior flessibilità, a maggior ragione che i fondi strutturali di varie tipologie sono già stati destinati a un uso che non era a loro idoneo ultimamente. Ad esempio per contrastare la pandemia, per aiutare l’Ucraina e i Paesi impegnati con i profughi, o adesso appunto per il caro energia. Il gruppo parlamentare S&D, su impulso della deputata portoghese Margarida Marques, ha annunciato che chiederà alla Commissione una riforma del bilancio pluriennale (Multiannual Financial Framework, MMF) e proporrà un intervento su quello 2021-2027.
Vengono fuori dunque due temi di interesse. Il primo, è l’accelerata verso l’indipendenza dalle fonti russe, il secondo, è il germogliare di un nuovo modo di vedere agli aiuti di Stato. Che negli ultimi due anni sono stati resi più agevoli con deroghe alla ferrea disciplina sulla tutela della concorrenza. Certamente non c’è da aspettarsi una completa giravolta da parte delle istituzioni europee, ma la stessa Ursula Von der Leyen in questi giorni ha osservato che, dato l’attuale contesto, caratterizzato dall’urgenza di compiere una transizione ecologica, funzionale sia all’ambiente che all’approccio geopolitico occidentale, gli Stati devono poter essere più efficaci nell’incentivare queste politiche e raggiungere gli obiettivi.
Ma il price cap…
Nonostante tutto, anche in questa occasione – a scanso di particolari novità in giornata – non è stato trovato un terreno comune sul price cap, ovvero il tetto al prezzo del gas. Gli ultimi sviluppi avevano fatto convogliare sull’idea di un tetto dinamico, cioè un sistema riformato in cui, al superare di una certa soglia, l’attività della borsa olandese (Ttf) sia sospesa o venga aperta ai fornitori “un’altra porta” per far spostare l’asta. Il Consiglio ha ora proposto che il tetto al prezzo si attivi attivato quando i prezzi raggiungono un certo livello e il gap tra Ttf e prezzi globali è superiore a 35 euro per MWh, per tre giorni. Di questo si riparlerà lunedì prossimo.
La Commissione invece aveva pensato a un tetto di 275 euro per MWh, da attivare solo a condizione che i prezzi avrebbero dovuto rimanere al di sopra di tale livello per due settimane ed essere superiori a un livello di riferimento per i prezzi del gas naturale liquefatto, per almeno 10 giorni consecutivi. In generale l’Italia è favorevole al price cap insieme ad altri membri, mentre Germania e Olanda titubano e ritengono che queste azioni possano avvantaggiare altri acquirenti nel mercato del gas, rischiando possibili carenze.