Esteri
Conflitti dimenticati: l’era dei due presidenti in Venezuela
Di Flavia Iannilli
A partire dal 24 gennaio 2019 inizia l’era dei due presidenti in Venezuela. Da una parte Nicolàs Maduro, nato a Caracas nel 1962 e successore di Hugo Chàvez, al potere dal 2013 e “rieletto” nel 2018. Rielezione dichiarata illegittima da una parte della comunità internazionale e boicottato dall’opposizione. Dall’altra Juan Guaidò, nato nel 1983, già presidente del parlamento, che il 23 gennaio 2019 si è auto proclamato capo di stato ad interim.
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Un cambiamento, quello portato da Guaidò, che ancora si pensa sia stato sostenuto da Washington. A pendere per questa tesi c’è l’immediato riconoscimento da parte degli Stati Uniti, insieme a Canada e alcuni paesi dell’America Latina, del giovane presidente come legittimo. Nonostante l’improvvisa presa di posizione, in pochi hanno realisticamente pensato ad un cambio di regime.
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Maduro detiene il potere da anni grazie al controllo del sistema giudiziario e attraverso l’appoggio dell’esercito, poco importa se la percentuale dei cittadini che lo sostengono sia meno del 20%. Alcuni governi stranieri hanno tentato di raggiungere un punto di incontro pacifico favorendo la transizione del potere a Guaidò contattando l’esercito venezuelano. L’offerta, arrivata attraverso il parlamento del Venezuela, consisteva nella concessione di un’amnistia ai militari che avrebbero smesso di appoggiare Maduro. Una scelta perseguita da pochi, non a caso una nota pubblicità recita: “solo nei peggiori bar di Caracas”.
Perché questa è solo la punta dell’iceberg. Il tentato cambio di rotta proposto da Guaidò affonda le radici in anni di crisi politica, economica e soprattutto umanitaria. Una situazione che se da un lato desta preoccupazioni dall’altro fa gola a molti attori internazionali e da tempo.
La crisi venezuelana
Il Venezuela gode della più grande quantità di petrolio accertata al mondo e su questo si basa il suo PIL. Negli anni ’80 con il collasso del prezzo del petrolio, l’economia venezuelana subisce una grave battuta d’arresto, trascinando i tassi di inflazione alle stelle.
A questa precedente crisi si aggiunge la decisione presa da Hugo Chàvez, predecessore di Maduro, di espropriare e nazionalizzare 760 aziende tra il 2005 e il 2009, contro la volontà di oltre l’80% dei cittadini, che intacca la capacità produttiva del paese e quella di soddisfare le necessità della popolazione.
Ma il petrolio rimane comunque la forza trainante del paese. Questo è uno dei motivi che ha spinto la Cina a portare ingenti investimenti oltremare. A novembre 2017 il ministro della Comunicazione venezuelano, Jorge Rodriguez, dichiara che il governo di Maduro aveva iniziato a pagare gli interessi sul debito estero. Un tassello importante, a detta del ministro, per interrompere la guerra economica iniziata dagli Usa. Il passaggio dalla solvenza all’insolvenza si basa da un aiutino arrivato da Mosca e Pechino. In quell’anno solo la Cina deteneva 23mld di dollari dei 150mld del debito venezuelano. Un debito che secondo molti non verrà mai sanato e che il Venezuela cerca di colmare pagando in petrolio e risorse minerarie. Questo, oltre ad un imbarazzante svalutazione della moneta, comporta ricadute pesantissime sull’economia del paese e sui cittadini in termini di disoccupazione e povertà diffusa. Per intenderci ad un proprietario di una pompa di benzina a Caracas, una volta arrivato il carico, quasi non conviene vendere il prodotto, ma regalarlo.
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Abbiamo rivendicato la nostra storia molte volte e lo faremo di nuovo quando recupereremo la democrazia grazie alla lotta di tutti noi” – Tweet del 19.04.22 dal profilo ufficiale di Juan Guaidò
Non a caso la proclamazione di Guaidò non è stata minimamente riconosciuta da Cina e Russia, soprattutto Pechino che ha trattenuto rapporti per vent’anni prima con Chàvez e poi con Maduro. E Washington ha fatto la sua mossa: imponendo sanzioni pesantissime alla PDVSA (Petròleos de Venezuela – azienda petrolifera statale) affinchè il governo Maduro non sottragga fondi all’azienda. Ma tutti i nodi vengono al pettine e la crisi in Ucraina ne è un esempio lampante. Per aggirare il problema del petrolio russo anche gli Usa hanno iniziato a corteggiare in maniera diversa il Venezuela. Come? Alleggerendo le sanzioni al governo venezuelano. Guaidò ha specificato che questa opzione non è un’offerta “illimitata”.
Ancora non sapremo come andrà a finire, ma si sa che non si risponde ad un colpo di stato con un nuovo colpo di stato. Si attende che la comunità internazionale imponga delle elezioni libere affinchè il Venezuela e il suo popolo scelga in che direzione andare.
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Siamo tutti necessari! #RegioneCentrale
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