Esteri

Cina – Usa: Blinken a Pechino, prove di disgelo, ma nodi irrisolti

20
Giugno 2023
Di Giampiero Gramaglia

Prove di disgelo e di dialogo, se non ancora di intesa e di cooperazione, fra Usa e Cina, mesi dopo che la crisi del pallone sonda – o spia – cinese intercettato nei cieli dell’America del Nord all’inizio di febbraio aveva provocato una sorta di paralisi nei rapporti fra le Super-Potenze del XXI Secolo. La visita a Pechino del segretario di Stato Usa Antony Blinken non ha risolto nessuno dei problemi sul tavolo, ma potrebbe rivelarsi un passo cruciale nel ripristinare relazioni corrette fra Washington e Pechino. Nella sintesi del Washington Post, i rapporti Usa – Cina non sono più “in caduta libera”, ma quella che resta da percorrere “è una strada accidentata”.

Tra domenica e lunedì, Blinken, il maggiore esponente dell’attuale Amministrazione Usa a giungere in Cina, ha incontrato in successione tutto il gotha degli affari esteri cinesi, dal ministro Qin Gang al capo della diplomazia del Partito comunista Wang Yi al presidente Xi Jinping.

In un tweet, a fine visita, il segretario di Stato ha scritto: “Ho avuto un colloquio franco, sostanziale e costruttivo con il presidente Xi. Abbiamo discusso di questioni importanti, inclusa la necessità di gestire i nostri rapporti in modo responsabile”. Da Washington, gli fa eco il presidente Joe Biden: Blinken in Cina “ha fatto un grande lavoro”; “Siamo sulla strada giusta”, pur se una svolta non c’è ancora stata – solo qualche piccola concessione reciproca -.

Un segretario di Stato Usa mancava da Pechino da cinque anni: l’ultimo era stato Mike Pompeo, ‘falco’ trumpiano. Nel lustro trascorso, il livello di confronto fra Usa e Cina s’è inasprito, su una gamma di temi: economia e commercio, tecnologia e sicurezza, Taiwan e Ucraina, diritti umani e influenza geo-politica. La crisi del pallone aveva portato i rapporti fra i due Paesi al punto più basso da parecchio tempi in qua – per alcuni, dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche nel 1979 -: quasi ai ferri corti sulla conclamata amicizia tra Pechino e Mosca, anche dopo l’invasione dell’Ucraina, nonostante Xi abbia avviato un abbozzo di mediazione; come sull’ipotesi d’annessione con la forza di Taiwan e sugli sforzi di Washington di limitare la vendita di tecnologie d’avanguardia alla Cina.

Alla vigilia della visita di Blinken, il cui esito non era scontato – l’incontro con Xi non era neppure stato annunciato -, sia Washington che Pechino avevano smorzato le attese di passi avanti decisivi. E resta da vedere se le relazioni decisamente fredde fra i due Paesi ne escano davvero ‘intiepidite’: un segnale potrebbe essere lo svolgimento, in un prossimo futuro, di un vertice fra i presidenti Xi e Biden, che finora si sono fisicamente visti solo a margine del G20 di Bali in Indonesia a novembre (in quell’occasione, prospettarono un maggiore dialogo fra i due Paesi, che poi però non c’è stato).

Lo sforzo di allentare le tensioni e di “stabilizzare” le relazioni è comunque evidente; così come l’incertezza sull’esito del tentativo. Blinken era stato accolto dai media cinesi con espressioni di mancanza di fiducia verso gli Stati Uniti, accusati di essere gli unici responsabili del peggioramento dei rapporti bilaterali. Una schiarita sull’orizzonte Usa-Cina può anche essere utile a Biden in vista della campagna elettorale dell’anno prossimo: i vantaggi di potenziali cooperazioni su temi globali, come il riscaldamento del clima, sono evidenti.

55 ore a Pechino: i nodi che restano da sciogliere
Con assonanza cinematografica, qualcuno ha parlato delle 55 ore di Blinken a Pechino: un richiamo alla Rivolta dei Boxer del 1900, portata sullo schermo da Charlton Heston e David Niven. Blinken è stato accolto da Xi con tutti gli onori nella Grande Sala del Popolo in piazza Tienanmen, di solito riservata ai ricevimenti dei capi di Stato. Concluso il colloquio, durato meno d’un’ora, Xi ha parlato di “progressi” e di “terreno comune”, auspicando una “stabilizzazione” dei rapporti. Dal canto suo, Blinken ha rilevato che “la diplomazia diretta” è il modo migliore per “difendere i propri interessi” e gestire “la concorrenza in modo responsabile”.

Ma nodi restano da sciogliere, anche perché “non si può risolvere tutto con una sola conversazione. I progressi – ha chiarito Blinken – sono difficili, richiedono tempo”. Washington auspica altri incontri strategici Usa – Cina, protagoniste le segretarie al Tesoro Janet Yellen ed al Commercio Gina Raimondo; con l’ambizione di pianificare entro l’anno un vertice tra Biden e Xi, a margine, forse, del G20 in India in settembre o del vertice dell’Apec a San Francisco in novembre.

Biden si dice ansioso di “parlare delle legittime differenze che abbiamo, ma anche di come andare d’accordo”, gettando acqua sul fuoco di quello che aveva già definito “uno stupido pallone”: “Non credo che la dirigenza cinese sapesse dov’era, e che cosa c’era dentro … Penso che sia stato più imbarazzante che intenzionale”. I, dal canto suo, venerdì 16 aveva ricevuto da “vecchio amico”, e con tutti gli onori, il fondatore di Microsoft Bill Gates in quanto presidente dell’omonima fondazione filantropica.

Intanto, c’è il sì del ministro Qin a recarsi a Washington. Il ministro degli Esteri cinese ha avuto molte attenzioni per il suo omologo statunitense: tappeto rosso nella villa statale riccamente decorata negli antichi Giardini Diaoyutai di Pechino; fastoso ricevimento, stretta di mano davanti alle rispettive bandiere, senza però dichiarazioni ai reporter.

Questi alcuni dei nodi irrisolti.

Ucraina – Secondo Blinken, la Cina assicura che “non sta fornendo e non fornirà” armi alla Russia. Tuttavia, Xi non condanna l’invasione dell’Ucraina operata dal presidente russo Vladimir Putin e c’è sempre il rischio che equipaggiamenti possano arrivare alle forze di Mosca da aziende private cinesi.

Taiwan – La posizione di Pechino resta che non c’è spazio per “compromessi o concessioni” sull’appartenenza dell’isola alla Cina. Washington, che ribadisce la politica dell’Unica Cina e conferma di “non appoggiare l’indipendenza dell’isola”, ma si oppone a cambiamenti “unilaterali dello status quo”. Gli Usa continuano a monitorare con preoccupazione le “azioni provocatorie cinesi nello Stretto” di Formosa.

Comunicazione militare – Uno degli obiettivi della missione era riavviare la comunicazione diretta tra le forze armate dei due Paesi per evitare “errori di valutazione”, specie dopo gli incidenti sfiorati tra aerei e navi militari sopra il Mar Cinese meridionale e nello Stretto di Formosa. La Cina ha però respinto al mittente la proposta, dicendo che le sanzioni degli Usa sono un ostacolo alla riapertura del dialogo. Poco s’è mosso pure sui fronti del commercio e delle violazioni cinesi dei diritti umani nello Xinjang, in Tibet e a Hong Kong.

S’è invece concordato di “incoraggiare l’espansione degli scambi culturali ed educativi, di discutere attivamente l’aumento dei voli passeggeri tra la Cina e gli Stati Uniti”, di accogliere “più studenti, accademici e uomini d’affari nei rispettivi Paesi e di fornire a tale scopo supporto e assistenza”. Acqua fresca, ma che aiuta a raffreddare relazioni incandescenti.

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