Esteri

Cina, Covid. Il governo chiude gli account di chi protesta e lancia la contro-narrazione

24
Gennaio 2023
Di Giampiero Cinelli

Social e libertà di espressione. Molti si lamentano e a tutte le latitudini. Ma se ti trovi in Cina è difficile passarla liscia. Non soltanto Pechino è sempre stato molto ostile a Facebook sul suo territorio, dove per molti è difficilmente accessibile, sviluppando delle proprie piattaforme concorrenti (ma questa è anche geopolitica), ora si assiste a una censura esplicita. Soprattutto nei confronti di chi ha criticato la politica anti-pandemia. Dopo l’ondata di proteste scatenata dalle scelte draconiane sul Covid-19, il governo ha chiuso o sospeso migliaia di profili di social media. Dato che le proteste anti-lockdown, molte delle quali organizzate attraverso i social media, stanno prendendo la forma di una prima resistenza da parte della popolazione contro il governo di Xi Jinping.

L’Associated Press ha riportato un comunicato del colosso cinese “Sina Weibo“, un social network cinese a metà strada fra Twitter e Facebook, secondo cui sarebbero state rilevate 12.854 violazioni da parte di gruppi contrari alle politiche anti-covid. Il risultato ha portato ad una serie di chiusure degli account che avevano messo in dubbio le affermazioni di esperti, studiosi e operatori sanitari.

Nello specifico i profili oscurati avevano portato alla luce storie di persone confinate nelle loro case per settimane, a volte sigillate all’interno, senza cibo e cure mediche adeguate. La rabbia è stata indirizzata anche contro i protocolli attuati sui positivi o presunti tali al virus. Molti contenuti online parlavano di pazienti rinchiusi in ospedali da campo, dove il ​​sovraffollamento, la scarsa alimentazione e la mancanza di igiene erano all’ordine del giorno.

Il bavaglio è stato messo inoltre su chi ha dubitato delle statistiche ufficiali rilasciate dal governo sui decessi covid. Le persone infatti hanno cominciato a pensare che i numeri siano molto più alti, apprendendo dei decessi di celebrità e personaggi pubblici. Gli utenti di Weibo hanno utilizzato uno specifico hashtag, che ha ottenuto in un solo giorno oltre 220 milioni di visualizzazioni, per denunciare un’enorme sottostima del bilancio delle vittime. “Che si tratti di accademici o celebrità, molte persone sono morte, ma gli esperti continuano a dire che non è stato così”, ha commentato un utente. Un popolare influencer cinese, Haishang Yilanghua, ha pubblicato un post dichiarando che “molti personaggi pubblici sono morti, anche di giovane età. Queste morti sono state rese pubbliche, ma ci sono molte altre persone comuni che hanno sofferto e sono morte senza darne una comunicazione online”.

Xinhua, la principale agenzia di stampa cinese ha impostato una linea editoriale da tempo ottimistica, in cui si dice che il Paese si sta scrollando di dosso l’emergenza e che l’economia è in ripresa, ponendo enfasi sui numerosi viaggi della popolazione in occasione del capodanno cinese. Ma la società di statistiche mediche britannica Airfinity stima che da dicembre i decessi per Covid in Cina siano stati almeno 600.000. Prevedendo anche che in occasione del Capodanno lunare, a causa dell’incremento di viaggi e celebrazioni, il numero dei decessi possa salire fino a 36.000 al giorno.

Nell’approccio filo-governativo è coinvolto anche il China Media group, principale apparato di notizie video e radio che opera in Cina. Sulla pagina Facebook di CGTN (China Global Television Network) si parla continuamente di come siano in aumento, rispetto allo scorso anno, in totale sicurezza, i viaggi per celebrare il capodanno. E si può trovare un video-reportage di presunti influencer stranieri residenti in Cina durante la pandemia, i quali si dicono soddisfatti di come le istituzioni hanno affrontato e stiano affrontando il problema, contrariamente al modo in cui viene raccontato sui media occidentali.

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