Esteri
Caso Djokovic: l’Australia conquista il match point
Di Flaminia Oriani
Il governo di Canberra esulta alla sua messa a terra del match point. Domenica i tre giudici della Corte Federale australiana, a cui è stato passato il caso di Novak Djokovic, hanno confermato l’annullamento del visto del tennista all’unanimità; ponendo fine alla vicenda iniziata il 5 gennaio scorso. Ai legali del serbo, che non si erano fermati dopo la doppia revoca del visto d’ingresso da parte del Ministro dell’Immigrazione australiano, Alex Hawke, non rimane che accettare la sconfitta. Djokovic, dopo aver appreso la sentenza secondo la quale teoricamente non potrebbe più mettere piede in Australia per i successivi 3 anni, si è detto «Estremamente deluso» prima di salire a bordo di un volo diretto a Dubai. Di poche ore fa la notizia secondo la quale il primo ministro australiano Scott Morrison potrebbe rivedere i tempi per il visto d’ingresso, aprendo i confini dell’Australia prima dei 3 anni previsti dalla legge.
L’Ei fu Novak Djokovic, ormai “Novax Djokovid”, non ha abbassato la testa di fronte alle regole di Morrison, decidendo di fare ricorso. La vicenda è stata battuta da tutte le maggiori testate da settimane: Novak, numero 1 nel ranking mondiale del tennis, è andato in Australia per disputare il primo slam dell’anno, ma, non tenendo fede alle regole degli Australian Open, si presenta senza aver effettuato il vaccino. La polemica vax e novax si accende come un cerino e, ad una settimana dall’apertura del caso Djokovic, arriva una spiegazione: Novak ha contratto il Covid il 16 dicembre, motivo per cui non ha effettuato il vaccino. Notizia da cui scaturisce una seconda polemica basata sulla presenza dell’atleta, da positivo quindi violando la quarantena, ad un’intervista con l’Equipe avvenuta il 18 dicembre.
COSA NE PENSA IL POPOLO DI TWITTER IN ITALIA
Una vicenda che ha fornito parecchia carne sul fuoco per i fruitori di twitter. Seguendo un’indagine realizzata da UTOPIA, società di comunicazione e Public affairs, e KPI6, piattaforma di web listening, il sentiment degli hashtag si colloca prevalentemente contro il numero 1 del ranking mondiale del tennis.
A condurre la classifica “acchiappa like” sulla revoca del visto di Djokovic c’è l’autore Tv e Radio Daniele Villa. A conquistare il secondo posto del podio è il conduttore televisivo Alessandro Cattelan, a seguirlo, con pochissimi like di distanza, c’è Riccardo Cucchi, giornalista ed ex radiocronista sportivo.
Le prime tre posizioni sono del parere che Djokovic avrebbe dovuto rispettare le regole dell’Australia, a questo pensiero si accodano anche Roberto Burioni, virologo, e Selvaggia Lucarelli; rispettivamente al quinto e sesto posto della classifica dei like. A fare la voce fuori dal coro è Vittorio Sgarbi che, sedendo al quarto posto, conquista i like dei pro Novak.
LE VICENDE INIZIALI
I primi giorni avevano preso le sembianze di una partita prima dell’inizio degli Australian Open. Da una parte del campo il Premier australiano, fermo nel considerare il visto dell’atleta in mancanza del vaccino; dall’altra parte Djokovic, che aveva già contratto il virus ma notoriamente non vaccinato, con un 2021 iniziato nel migliore dei modi.
La prima vittoria arrivava proprio dallo slam in questione, seguiva l’alzata del trofeo su terra rossa per eccellenza dopo aver battuto in semifinale Nadal e in finale Tsitsipas. Si presentava a Wimbledon da difensore del titolo e, dopo aver concesso un solo set a Berrettini, porta a casa il terzo slam della stagione.
Le Olimpiadi di Tokyo rappresentavano lo scalino per raggiungere un possibile Super Grande slam, ma l’imposizione di Zverev in semifinale lascia Djokovic a mani vuote. Gli US Open si prospettavano come un’occasione di riscatto, ma ad avere la meglio in finale è il russo Medvedev. Infine le ATP Finals, iniziate con l’infortunio di Berrettini e concluse con Zverev re di Torino.
E quindi? Rimane pur sempre il n.1 al mondo. Vero, ma ci sono due varianti che non possono essere sottovalutate: la prima è quella anagrafica, un atleta di 34 anni è difficile che rimanga in vetta al ranking mondiale senza alcuno sforzo; la seconda è la “garra” dello sportivo.
Novak Djokovic nato nel 1987 a Belgrado, non è solo il portabandiera della Serbia nel mondo ma ne incarna la tradizionale tenacia. Di riflesso la decisione non è di lasciare l’Australia, scelta perseguita oggi dalla tennista ceca Voracova dopo essere stata fermata per un’irregolarità nel visto – vicenda, quella della n.81, che, guarda caso, non ha avuto la stessa audience – ma di fare ricorso.
Da questo momento in poi le prese di posizione a difesa di Novak non hanno tardato ad arrivare: subito il Presidente e il Primo Ministro serbi, a seguire i componenti della famiglia Djokovic e così via. Giustificazioni? No, semplice presa di coscienza. Guardando al quadro generale è chiaro che si fa presto a generare una boutad tra vax e novax.
Dall’altra parte della rete gioca l’Australia, una nazione che arriva a 0 contagi dopo 7 mesi di lockdown, la nostra “Fase 1”, e che, ad oggi, con 50mila contagiati ha rinviato la A-League. Un Paese con una storia giovane, che nasce come colonia penale inglese. E forse è anche per questo che l’Australia sia così attaccata alle regole.
La palla che rimbalza tra i due campi è la mail, del 7 dicembre, inviata dal Tennis Australia all’ATP (Assosiation of Tennis Professionals) e ai giocatori con le direttive per poter partecipare allo slam. Qualcuno in merito la verità l’ha detta: «Djokovic conosce le regole e le conseguenze da pagare, è una sua libera scelta» sono le parole di Rafael Nadal.
OGGI SI GIOCA
Oggi sono iniziati gli Australian Open con la prima vittoria dell’Italia con l’imposizione di Berrettini nella prima partita. Il posto di Djokovic è stato preso dall’italiano Salvatore Caruso, numero 150 del ranking mondiale, diventato ormai il lucky loser più famoso al mondo.
Alla luce dei fatti Novak respinto dal Governo australiano, trova parole di conforto da parte della Premier Ana Brnabic e del Presidente Aleksandar Vucic serbi. Quest’ultimo ha dichiarato: «Puo’ tornare a testa alta».
Se inizialmente c’era chi ritenesse che non ci sarebbero stati né vincitori né vinti, ad oggi gli spettatori della vicenda si dividono in chi pensa che la mancata partecipazione del numero 1 agli Australian Open sia una sconfitta per il tennis; e chi crede, come Rafael Nadal, che un giocatore non possa essere più importante di uno slam.