Esteri

Carlson intervista Putin: nessun interesse a espandere la guerra

12
Febbraio 2024
Di Giampiero Cinelli

Ci sono eventi che passano dai canali virtuali, in grado di suscitare attenzione e generare numeri impressionanti. Per fare ciò non deve trattarsi per forza di realtà afferenti al mondo della moda o del business. Succede che se un noto giornalista americano, Tucker Carlson, il quale è stato licenziato da Fox News ed è fortemente identificato come uomo di area trumpiana, ottiene un’intervista video da Vladimir Putin (qui il link), milioni di persone in tutto il mondo (oltre 100 milioni su X) vogliono sapere cosa pensi e cos’abbia in mente il leader russo, il quale ancora assedia l’Ucraina e guarderà da lontano le prossime elezioni americane, in programma a novembre del 2024.

Tucker Carlson è davvero riuscito a carpire le prossime mosse della potenza nemica? Gli occidentali e gli americani hanno avuto informazioni utili su come porsi strategicamente nei prossimi mesi e anni? Secondo alcuni sì, altri preferiscono tenere riserve, altri ancora sostengono che la cultura troppo di destra che esprime Carlson (criticato per strizzare l’occhio ai filo-russi di casa nostra) abbia prodotto solo un contenuto ad uso della parte politica a lui vicina, supportando la linea di Mosca.

Di sicuro Carlson ha parlato poco, sommerso dalla parlantina dello “zar”, che come aveva già fatto si è lanciato subito in un lungo excursus storico e, in due ore di colloquio, dice troppe cose, difficili da scandagliare tutte e confutare sul momento. Ma alcuni elementi di interesse sono emersi.

Se vince Trump fiducia sui rapporti bilaterali
Vladimir Putin è sembrato non negare il feeling che Donald Trump confida di avere con lui, spiegando che quando il magnate ha governato, i rapporti con gli Stati Uniti erano più distesi. In caso di una vittoria del tycoon alle elezioni il presidente Putin ha considerato possibile l’arrivo a una trattativa per la fine del conflitto in Ucraina. Ribadendo che la Russia è sempre stata aperta a trattare (ma alle sue condizioni). Allo stesso tempo Putin non ha dichiarato a Carlson precisamente quali porzioni di territorio ritiene soddisfacenti ai fini di un accordo.

La Russia non intende allargare la sua azione militare
Non sappiamo quanto siano sincere queste parole, ma Putin ha chiarito all’intervistatore che non vuole attaccare anche la Polonia (nazione confinante ma membro della Nato) né le repubbliche baltiche come la Lettonia. «Nessun interesse ad attaccare la Polonia. Solo in un caso, se la Polonia attaccasse la Russia. Non abbiamo alcun interesse in Polonia, in Lettonia o altrove». Queste affermazioni in parte cozzano con le ultime esperienze storiche, si pensi ad esempio alle zone autonome georgiane dove la Russia si scontrò nel 2008 e alla situazione al confine con la Moldavia, nella Transnistria. Quel che però Putin vuol far capire, è che non cercherebbe uno scontro frontale con i Paesi Nato, o che ad ogni modo, le illazioni sulla volontà di rifondare l’unione sovietica sono inappropriate.

Secondo Mosca l’Ucraina non ha diritto a uno Stato autonomo e la ribellione di Maidan è stata fomentata dall’esterno
Nella parentesi di carattere storico che Putin ha fatto nei primi minuti, è venuta fuori l’idea (in realtà già espressa all’inizio della guerra) per cui lo stato ucraino non è mai esistito e che l’Ucraina fosse stata in origine parte dello Stato russo già dall’antichità. Una sua parziale autonomia si forma effettivamente su concessione della Russia comunista con Lenin, e poi ovviamente nel ’91 al crollo dell’Urss, ma adesso le condizioni sarebbero diverse. Putin ha affermato che gli americani devono smettere di fornire armi a Kiev e cercare un conveniente accordo, ma ovviamente riconoscendo la necessità per Mosca di «de-nazificare» il Paese e detronizzare Zelensky. Proposta irricevibile? Molto probabile. Ma le pretese russe nascono dalla evidente delegittimazione dell’Ucraina e dalla convinzione che gli accordi precedenti (quelli di Minsk, che facevano cessare il fuoco) siano stati violati solo da Kiev.

Crisi in Medioriente
Sulla crisi di Gaza Putin è più moderato: «Non ci opponiamo nei confronti dell’esistenza di Israele, ma sosteniamo al contempo il diritto dei palestinesi alla propria autodeterminazione». Una posizione mediana che sottintende plausibilmente la volontà di non esporsi troppo in un’area in cui nel passato c’è stato un ottimo rapporto con le forze palestinesi in chiave anti-Usa, ma che adesso si vuole guardare più tatticamente, dato che sulla faccenda siriana, in cui la Russia si è impegnata anche piazzando una base militare, c’è stata collaborazione con Israele.

Nessuna risposta invece è stata fornita da Putin sui crimini di guerra compiuti in Ucraina.