Più che evoluzione si tratta di rivoluzione. Il modo di fare comunicazione che cambia, la possibilità che hanno i social di rendere così vicine persone inarrivabili rende raggiungibili personaggi famosi, atleti e protagonisti istituzionali. La possibilità di toccare tutto con mano però non riguarda solo le cose positive. La guerra, le storie, le persone sono più vicine che mai, sono arrivabili. Affinità che consentono una identificazione che prima era difficile da raggiungere. Da questo nasce la necessità di un leader di instaurare un rapporto diretto con i cittadini, da cui consegue un ampio consenso, nonostante la criticità della situazione. E questa necessità, questo sostegno, questa vicinanza non fa più distinzioni, soprattutto se riguarda le donne in guerra.
Domenica 13 marzo, durante la trasmissione della Rai “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio, Luciana Littizzetto, ospite fissa, ha letto una lettera rivolta a tutte le donne. Le distinzioni in questo caso sono un po’ restie a morire, ma questa guerra, tanto sentita a causa di un nemico alle porte di tutta l’Unione europea, ha fatto emergere personalità che, grazie anche ai canali social, non hanno niente da invidiare ai protagonisti maschili.
«Tu che sei pensata come una gentile ospite che meno parla e meglio è, in un sistema pensato soprattutto per gli uomini».
Che lavori in un ambito inizialmente pensato per essere esclusivamente maschile è la verità, nonostante sia rimasta senza sedia una volta atterrata in Turchia, Ursula von der Leyen più che un ospite è la padrona di casa della Commissione europea. Di sicuro non si fa scrupoli a far sentire la propria voce, il suo problema, con l’invasione dell’Ucraina, è far correre la democrazia veloce quanto un missile puntato su Mariupol. Una sfida non da poco visto che la celerità non è una peculiarità di questa forma di governo. La von der Leyen dal vertice di Versailles lancia il quarto pacchetto di sanzioni contro Mosca, isolando il Cremlino e costringendolo a prosciugare le proprie risorse. Stop all’export di beni di lusso a iniziare dai diamanti, stop a importanti benefici dell’Omc (Organizzazione mondiale del commercio), stop a diritti di appartenenza a istituzioni finanziarie monetarie multilaterali (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale), stop all’importazione di beni chiave nel settore siderurgico. La stessa decisione arriva dalla Casa Bianca, a dimostrazione del fatto che indossando dei pantaloni o una gonna si può essere efficaci allo stesso modo, tenendo a mente tre obiettivi: isolare Putin, non affamare la popolazione russa e, meno che mai, quella europea.
A impressionare, sempre sul piano istituzionale, è il Ministro degli esteri tedesco, Annalena Baerbock. Prima dell’invasione russa non aveva la popolarità dalla sua parte, ad oggi sembra che i tedeschi ne siano rimasti impressionati. A farli ricredere, in un primo momento, sono state le foto del Ministro in prima linea con tanto di elmetto, giubbotto antiproiettile e mimetica (non troppo lontana dalla figura di Iryna Vereshchuck vicepremier ucraina). Ma a colpirli sono state le ferme posizioni relative alla necessità di fermare Nord Stream 2, proprio quando solo pronunciare il nome del gasdotto era la prima grande fatica della neocancelleria di Scholz. A dare il colpo di grazia sono state le parole dirette ai Balcani: «Non vi lasceremo in mano alla Russia». Qualcuno potrebbe pensare che la Germania, talvolta, senta la mancanza della Merkel.
«Se ti curi poco sei un “cesso”, se ti curi tanto sei una “zoccola”, se ti prendi i tuoi spazi sei una madre degenere, se vai in depressione perché non ce la fai più sei una donna debole».
Non sono state precisamente queste espressioni a far scalpore nella vita di una giornalista russa, ma si avvicinano molto. Marina Ovsyannikova, la donna che decise di effettuare un’invasione di campo televisivo durante il telegiornale mostrando un cartello di protesta contro la guerra in Ucraina (No war. Non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo). In un’intervista alla Bbc ha raccontato che coloro che stanno indagando sulla questione, una volta interrogata, non hanno creduto che l’interruzione fosse una sua idea. Chi conduce l’indagine sostiene che una mossa del genere possa provenire da un’organizzazione, insomma da un sistema più ampio e non da una sola persona che, consapevole delle conseguenze, possa essere condotta ad un atto estremo portando la propria vita alla rovina. Per fare questa scelta o hai le spalle parate o hai coraggio.
«Che hai l’anima schiacciata da una pressa perché tuo figlio è andato a combattere una guerra che non vuole».
O perché tra le scelte personali rientra innamorarsi, fare progetti, sposarsi e mettere su famiglia. Buttandosi nel vuoto, come tutte le persone normali, non sai cosa ti riserverà il futuro. C’è chi ha deciso di sposare un comico, un attore, un lavoro come un altro. Senza poter immaginare come la vita possa cambiare da un momento all’altro, senza poter sapere che la propria persona preferita sarebbe diventato il Presidente di un paese, senza poter credere che il tuo paese possa essere attaccato e entrare in guerra. È quanto accaduto a Olena Zelens’ka, 44 anni, architetto, scrittrice, madre e moglie del Presidente ucraino Volodimyr Zelensky. Ha visto l’evacuazione di donne, bambini e anziani, nonostante sia perfettamente cosciente del pericolo che corre, ha deciso di rimanere nella sua terra. Consapevole di essere il secondo obiettivo più sensibile dopo il marito. Che dietro a un grande uomo ci sia una grande donna è una verità nota, ma dietro ad una grande donna cosa c’è?
«Che con la febbre a 40 riesci a far finta di niente, mentre Mario con 36.8 cerca il numero di Burioni su Google».
Non si tratta di febbre, piuttosto di una gravidanza. Si tratta di nove mesi in cui la vita dentro di te è nettamente più rilevante della propria. Mariana Vishegirskaya, blogger ucraina, è suo il corpo su una barella nella foto che fatto il giro del mondo subito dopo il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol. Mariana è la donna incinta che, prossima al parto, ha visto la fine vicina. La blogger eroina ha dato alla luce Veronika. Si perché non c’è gesto eroico più grande se non resistere per donare la vita, anche se significa far nascere il proprio figlio in guerra. La vita è vita.
Di storie simili ce ne sono milioni, in tutte le guerre vicine o lontane, in tutti i paesi, di donne «Che sanno cadere e rialzarsi, che non si vergognano a chiedere aiuto e che fanno delle battaglie di ogni donna la propria battaglia, perché se si vince si vince tutte insieme». Perché una cosa non è mai cambiata: Penelope è sempre stata in guerra.