Esteri

Bombardamenti su Kiev, la Nato: più armi per vincere

27
Giugno 2022
Di Giuliana Mastri

Sanguina il cuore dell’Ucraina. Ieri i bombardamenti russi hanno colpito Kiev, con almeno 14 ordigni. In totale anche fuori da Kiev si contano almeno 50 missili da terra, dall’aria e dal mare. L’attacco alla capitale è arrivato dalla Bielorussia, un terreno che ultimamente sembra essere molto più sfruttato dalla Russia per attaccare la capitale e il nordovest del Paese. Mentre Putin ha varato la fornitura di missili a Lukashenko, per far diventare la Bielorussia una base militare permanente. I militari di Lukashenko restano al confine ucraino è potrebbero aumentare, ma il desiderio di Putin è trascinarli nel conflitto. L’altro versante, infatti, se dovesse essere piegato, determinerebbe la morsa definitiva, essendo Donbass per metà occupato e dopo la presa di Odessa e Severodonetsk. In uno scenario dove la repubblica autoproclamata di Luhansk è ormai russa, mentre non lo è interamente quella di Donetsk. Nel Donbass l’esercito ucraino perde troppi uomini, fino a 600 al giorno e la stanchezza comincia a farsi sentire, sebbene gli ucraini abbiano riconquistato Kharkiv e condotto offensive a Melitopol. Proprio a Kharkiv i russi non vogliono rinunciare, lanciando raid che incrementano il rischio di danni alle infrastrutture nucleari. Il livello di radiazioni si è già alzato.

La più grande preoccupazione è se Kiev viene espugnata. Sarebbe un segnale, anche simbolico, troppo forte. Ieri due palazzi residenziali sono stati abbattuti. Molta apprensione tra i generali, che dicono di apprezzare le armi ricevute seppur non sempre moderne, ma affermano che ne servirebbero di più. Lo sa Joe Biden che lo ribadirà al vertice Nato a Madrid che inizia il 28 giugno, chiedendo agli alleati un nuovo rilevante impegno. Ricevendo l’appoggio più esplicito di Boris Johnson, il quale si è dichiarato pronto a uno scenario di conflitto lungo e complesso, perché secondo lui una pace ora sarebbe solo funzionale a Vladimir Putin a manipolare altri Paesi e imporre le sue volontà. Anche Macron crede che il corso della guerra si possa invertire. Intanto è iniziata a circolare la la notizia, da approfondire, di un default russo. Parziale, tecnico. Su 100 milioni di interessi in valuta estera che non possono essere pagati (o non vogliono esserlo) perché la Mosca è svantaggiata dalle sanzioni relative al sistema di pagamenti internazionali. Un disagio che non le ha impedito, ad oggi, di consolidare il suo commercio di gas e petrolio, su cui non vi sono ancora sanzioni. Sarebbe per ora un default non compromettente.

Fin ora una cosa appare chiara. Le parti in causa non intendono tirarsi indietro. Non certo Putin, ma neppure la Nato, sempre più decisa nel sostegno indiretto tramite armi e risorse economiche. Fino a quando sarà sufficiente a un esercito ucraino che sta egregiamente arginando l’avanzata, ma non certo imponendo il suo passo al conflitto? L’obiettivo delle sanzioni su alcune merci verso la Russia è anche quello di far scarseggiare i prodotti con cui i russi si procurano missili e altri strumenti bellici. In parte potrebbe essere la strada giusta. Costosa tuttavia per tutti quanti, in un quadro geopolitico sempre più incandescente, visto il nuovo ruolo di Svezia e Finlandia e il fermento della Moldavia.

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