Esteri
Armenia-Azerbaijan, il blocco di Lachin allontana la pace
Di Giampiero Cinelli
La disputa territoriale tra Armenia e Azerbaijan non accenna a risolversi e nell’ultimo periodo è divenuta più critica, a causa del blocco, tramite checkpoint da parte di Baku, del corridoio di Lachin, una striscia di terra che unisce le due nazioni e da cui passa la gran parte delle merci e dei prodotti di prima necessità. La zona che ne sta soffrendo è ovviamente il Nagorno-Karabakh, regione autonoma internazionalmente riconosciuta di competenza dell’Azerbaijan, ma a maggioranza armena. Le autorità azere hanno fatto sapere di essere disposte a riaprire il canale ma a patto che l’integrità territoriale di Baku venga ristabilita. Gli organismi internazionali temono lo scoppio di una crisi umanitaria, molti degli abitanti armeni della regione stanno infatti lasciando le loro case. Il premier dell’Armenia Nikol Pashinyan ha avuto oggi un colloquio telefonico con il presidente francese Emmanuel Macron, con cui ha parlato dell’attuale situazione nella regione. L’Eliseo ha comunicato di essere disposto a tutti gli sforzi necessari per ristabilire la pace.
Secondo precedenti accordi siglati nel 2020, nell’ambito dell’ultimo cessate il fuoco prima del riaccendersi delle tensioni, il corridoio di Lachin doveva passare al controllo dell’Azerbaijan nell’agosto scorso. La diplomazia ha fatto fatica ad espletarsi ma al di là di ciò adesso si reputa prioritario favorire serenità e ottenere la de-escalation. Entro il prossimo dicembre dovrebbe essere progettato un piano per la costruzione di una nuova rotta che collegherà il Nagorno-Karabakh e l’Armenia evitando il distretto di Lachin.
L’Italia attenta
Il deputato di FdI Giangiacomo Calovini, membro della delegazione parlamentare italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato – il quale di professione si occupa di geopolitica – interpellato da Formiche.net ha detto: «L’Italia sta osservando con attenzione gli sviluppi in Nagorno Karabakh. Il rischio di un allargamento della crisi umanitaria a causa dell’insicurezza alimentare è concreto ed il governo sono certo si adopererà perché ciò non avvenga. Ciò detto ritengo che in alcun modo l’incombente crisi alimentare deve rallentare gli sforzi diplomatici che si stanno svolgendo in sede Ue. Il dialogo brussellese deve rimanere il principale strumento di risoluzione delle controversie tra Armenia e Azerbaijan. Come Italia confidiamo nel trilaterale Aliyev-Michel-Pashinyan che riteniamo il formato migliore di mediazione ma chiamiamo Bruxelles al maggiore impegno possibile per una soluzione che garantisca pace certamente ma anche sicurezza in senso lato, anche alimentare».
Gli antefatti
Ricordiamo che i principali scontri armati per il Nagorno-Karabakh iniziano nel 1992, dopo la dissoluzione dell’Urss che aprì la questione su chi avesse diritto al territorio. Originariamente assegnato da Stalin a Baku, questo gode però adesso della vicinanza di Putin a Yerevan, che in realtà lamenta una certa disattenzione da parte di Mosca (per ragioni molto intuibili). Pochi giorni prima del crollo dell’Urss, il 10 dicembre 1991, ci fu un referendum in cui gli armeni del Nagorno si dichiararono una Repubblica indipendente (e alleata dell’Armenia). Il voto non è formalmente riconosciuto, in primis gli azeri lo ritengono illegale. La regione è strategica per gli oleodotti e i gasdotti di cui beneficia anche l’Italia. La situazione si era calmata con la mediazione del Cremlino tre anni fa, consentendo comunque agli azeri di recuperare parte dei possedimenti.