Economia

Unicredit-Mps e quel dibattito sempre aperto sul divieto di revolving doors. Il caso

15
Giugno 2023
Di Alessandro Caruso

Se, come diceva Agatha Christie, due indizi fanno una coincidenza, la notizia della scorsa settimana circa l’ingresso di Ferdinando Giugliano in Unicredit, con un posto di alto valore strategico, ha certamente contribuito a sollevare qualche perplessità. Ma facciamo un passo indietro. Il gruppo bancario dal 15 aprile 2021 ha cambiato il presidente del consiglio di amministrazione, nominando Pietro Carlo Padoan, già ministro dell’economia nei governi Renzi e Gentiloni. Una nomina che sicuramente non è criticabile sotto il profilo dello spessore tecnico, vista la riconosciuta autorevolezza di Padoan, economista e accademico di lungo corso, ma che allo stesso tempo esprime un contenuto di indirizzo politico.

Veniamo a Ferdinando Giugliano. La scorsa settimana è stato comunicato il suo ingresso nella banca di piazza Gae Aulenti come Head of public affairs & policy. In sostanza, colui che sarà incaricato di interloquire con le istituzioni governative per la definizione delle strategie corporate del gruppo. Un ruolo di alta responsabilità e che chiaramente presuppone una chiara unione di visioni e di intenti con la governance dell’azienda.

E, guarda caso, Giugliano è stato portavoce a livello internazionale, speechwriter e consigliere del presidente del Consiglio Mario Draghi (il cui governo era sostenuto anche dal Pd) e prima di lavorare a Palazzo Chigi è stato editorialista di Bloomberg Opinion, dopo essere stato nelle redazioni di Repubblica e del Financial Times, organi editoriali di chiara e dichiarata influenza progressista.

Tutto sommato niente di così inconsueto. Ma le ultime vicende legate a Unicredit innescano se non altro la riflessione: il gruppo milanese, infatti, da tempo ha messo gli occhi su Monte dei Paschi di Siena, la banca retta adesso dall’asse Maione-Lovaglio, artefice di un intenso lavoro negli anni passati che ha consolidato i conti del gruppo e alzato l’asticella delle prossime sfide. E l’obiettivo di Unicredit è l’aggregazione con un altro colosso bancario, per riuscire a rafforzare la sua posizione a livello nazionale. Un’operazione che se correlata a una cordata politica non può che far sorgere qualche perplessità.

Una vicenda che sta riportando al centro del dibattito politico il tema del cosiddetto divieto di “revolving doors” o “pantouflage”, vale a dire l’impossibilità di passare immediatamente da un incarico pubblico a uno privato, e viceversa, al fine di evitare un potenziale conflitto di interessi. La Commissione europea, ad esempio, ha fissato per i suoi componenti questo periodo di “cooling down” in due anni (tre per il presidente della Commissione). Ma Italia, come in molti paesi europei e non solo, tale principio non è ancora previsto. Tutto lecito quindi, ma i dubbi di opportunità politica restano.

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