Economia
Transizione energetica: a tutto idrogeno (ma manca regolamentazione)
Di Luca Grieco
L’idrogeno è il grande protagonista della transizione energetica. Evocativo in questo senso il titolo dell’ultimo report di S&P Global Ratings: “Clean Hydrogen Investment Is Still A Leap Of Faith For European Utilities”. Quindi, un vero e proprio atto di fede per il vettore che ormai vanta (o per lo meno, dovrebbe vantare) interessanti capitoli di spesa nel Recovery Fund e inizia a rappresentare una costante tra le riflessioni sul futuro energetico.
Ma perché un giudizio così severo? La società di analisi sottolinea che, nonostante l’idrogeno stia diventando un elemento sempre più rilevante per la transizione energetica, vi sono ancora una serie di limiti. Mancano, infatti, una base regolatoria solida, la relativa tecnologia non è ancora sufficientemente matura – quindi le infrastrutture non sono sviluppate – e inoltre non si riesce ad analizzare il valore futuro della domanda del settore.
Lo stesso Ministro dello Sviluppo economico, qualche mese fa, ha dichiarato che, grazie all’EU Next Generation, l’idrogeno in Italia sarebbe stato sostenuto con investimenti di circa 3 miliardi di euro (tempi e modi sono ancora tutti da scoprire).
Stando, invece, allo studio realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con SNAM, che prende il titolo di “H2 ITALY 2050 – Una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia“, il nostro Paese ha una serie di carte da giocare, come la posizione geografica e la sua capacità manifatturiera.
Secondo la stessa fonte, tra il 2020 e il 2050, l’industria dell’idrogeno e delle relative filiere, ha un potenziale di produzione cumulato che va dagli 890 ai 1.500 miliardi di Euro. Ma non parliamo solo di aspetti economici, perché il ruolo dell’H2 nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica è stimato in modo più che positivo: con una penetrazione nei consumi finali del 23%, l’idrogeno potrebbe contribuire a ridurre il 28% della CO2.
“Se fino a pochi anni fa i suoi costi erano insostenibili – commenta Marco Alverà, CEO di SNAM – oggi l’idrogeno ha finalmente allargato l’orizzonte tecnologico delle opzioni a disposizione: nel 2000 il prezzo dell’idrogeno da rinnovabili era quaranta volte superiore a quello del petrolio, oggi stimiamo che potrà diventare competitivo con alcuni combustibili attuali nel giro di cinque anni e soddisfare circa un quarto della domanda di energia in Italia al 2050” (Qui la sua dichiarazione completa).
Resta da capire, a questo punto, quale delle due tesi sia più attendibile. Un primo segnale, come già accennato, potrebbe giungerci dall’attuazione del tanto agognato Recovery Fund, uno dei cui assi portanti è appunto la sostenibilità energetica.