Economia
Superbonus, che ne sarà? Priorità ai crediti incagliati
Di Giuliana Mastri
Il Superbonus 110% e il Bonus al 90% non dovrebbero essere prorogati nel 2024. Il governo non ne ha parlato e dalle indiscrezioni sulla legge di bilancio che oggi ha iniziato ad essere abbozzata, non sono emerse novità. Resteranno però crediti fiscali fino al 70%, usufruibili per condomini e utenti a reddito basso. Disponibili, inoltre, per tutto l’anno in corso, gli altri tipi di misure legate ai bonus edilizi come Ecobonus, Sismabonus, Bonus Barriere Architettoniche, Bonus Mobili, Bonus Verde, Bonus Ristrutturazione.
Permane comunque la questione di chi ha già iniziato i lavori senza ancora concluderli e delle imprese che, a causa della impossibilità di monetizzare i crediti in banca, hanno fermato le opere e rischiano gravi danni per la loro sostenibilità. Ad ogni modo, un provvedimento mirato in Legge di Stabilità, per i titolari di Superbonus che necessitano di proroga, così come delle imprese in difficoltà, è stato caldeggiato da Forza Italia.
Un intervento sui cosiddetti crediti incagliati, circa 19 miliardi (12 del Superbopnus), come hanno evidenziato i tecnici direttamente coinvolti nell’ideazione dei crediti, è necessario per scongiurare il rischio chiusura di alcune imprese ma anche per frenare la discesa del Pil italiano. Nell’ultimo trimestre infatti, l’attività del settore edilizio è diminuita del 4,3%, portando con sé minore gettito fiscale. C’è poi un altro problema: da quando Eurostat ha cambiato la classificazione nel bilancio pubblico dei crediti cedibili e dello sconto in fattura, definendo tali strumenti come “pagabili”, questi sono stati iscritti alle spese da parte delle amministrazioni pubbliche, determinando una revisione dei bilanci statali dal 2020 al 2022. Il primo marzo 2023 l’Istat ha dunque comunicato che, per il 2020 si passa dal 9,5 al 9,7% di deficit, per il 2021 dal 7,2 al 9% e per il 2022 dal 5,6 all’8% di disavanzo. A maggior ragione, però, se non si torna a permettere la cedibilità dei bonus, che di fatto sbloccherebbe la monetizzazione per le aziende coinvolte, ulteriori risorse verrebbero sottratte al sistema e per i conti dello Stato non sarebbe meglio. Perché a fronte di minori uscite, poterebbero appunto verificarsi maggiori criticità nell’edilizia e sul versante della disoccupazione.
Da vedere dunque come si muoverà il governo contestualmente alla nuova legge finanziaria. In caso di intervento, l’ipotesi più accreditata di cui si era già parlato, era il coinvolgimento delle grandi partecipate pubbliche, le quali si farebbero carico dell’acquisto dei crediti. Tali operazioni paiono essere nelle possibilità delle maggiori Spa, anche in virtù dei loro conti economici ultimamente molto felici.