Economia

Lo Stato imprenditore, oggi la politica si chiede se ne serva di più

09
Aprile 2025
Di Giampiero Cinelli

Il clima di incertezza nell’economia e nella sicurezza internazionali hanno favorito la riapertura di un tema, quello del cosiddetto “Stato imprenditore”. Un fenomeno percepito come normale nel secondo novecento e poi messo in forte discussione con il reflusso degli anni ’90 dopo la caduta del muro. Ma oggi lo Stato che interviene di più nell’economia, può aiutare a reggere meglio la mutevolezza del mercato e a permettere maggiori investimenti strategici? Probabilmente sì, la politica ne sta infatti discutendo e la questione si pone di fronte alle decisioni sui dossier economici e infrastrutturali più importanti. Dalle banche alle attività produttive e di difesa, passando per gli aspetti del modello finanziario europeo. Attualmente le imprese a partecipazione statale in Italia sono 43, quelle direttamente controllate dal Mef 13, tra cui Poste, Leonardo, Rai. Le aziende dove c’è lo Stato appaiono generalmente in salute e valgono insieme il 15% del Pil. Motivo in più per chiedersi se si debba recuperare l’orientamento economico degli anni addietro.

Sì al ruolo di indirizzo
Secondo Elisa Pirro, Senatrice del M5S e membro della Commissione Bilancio, ha detto a Largo Chigi, il format in onda su Urania Tv: «Abbiamo sempre creduto che lo Stato debba avere un ruolo di indirizzo nell’economia e questo lo può fare attraverso le sue partecipate che valgono il 15% del Pil. Penso al Green Deal e al ruolo che può avere Cassa Depositi e Prestiti nel sostegno a determinati settori industriali. Penso anche a Leonardo che per quanto riguarda la digitalizzazione, potrebbe dedicarsi meno a qualche produzione bellica e più all’aerospazio per costruire una alternativa europea alle tecnologie prevalentemente americane». Pirro ha continuato dicendo che «in commissione Bilancio, ci accingiamo a esaminare il documento di Finanza dei prossimi anni: ci sono state alcune polemiche perché abbiamo appreso che ci saranno solo dei dati sul tendenziale dunque sulle misure a legislazione vigente e niente di programmatico e dunque di innovativo. Cosa molto preoccupante in un momento in cui il nostro Stato dovrebbe essere pronto a rispondere ai dazi imposti dagli Usa. Le ultime notizie ci hanno informato che saranno reperiti 5-6 miliardi dalle risorse del Pnrr: speriamo nel Cdm di oggi e che la presidente del Consiglio ci stupisca».

Interessi nazionali in primis
«In questo periodo storico complesso che stiamo vivendo la strategia del governo Meloni è difendere gli interessi nazionali. La premier ha chiare le priorità: continuare a sostenere le politiche industriali nei settori strategici come energia, difesa e infrastrutture critiche», ha detto questa mattina l’onorevole Lorenzo Malagola, intervenuto a Largo Chigi. E sul tema lavoro ha aggiunto: «Siamo orgogliosi dei risultati che abbiamo raggiunto sul fronte occupazionale, con il raggiungimento della soglia storica dei 24 mln di occupati, il record dell’occupazione femminile e i dati incoraggianti su quella giovanile. Risultati resi possibili anche dalle aziende che hanno continuato ad assumere e con contratti stabili. In commissione Lavoro ci stiamo concentrando sulla riforma della Pubblica amministrazione, strategica per rendere lo stato più efficiente, e sulla gestione dell’Intelligenza artificiale nei posti di lavoro: questa è una rivoluzione che dobbiamo essere in grado di governare».

I manager privati non rifiutino il pubblico
Durante la trasmissione è stato possibile sentire anche il parere di chi si occupa a grandi livelli di selezione del personale e risorse umane. Niccolò Calabresi, Responsabile Sud Europa di Heidrick & Struggles ha sottolineato: «Quando entra lo Stato nel capitale di un’azienda le competenze richieste a chi la dirige vanno in diverse direzioni. Bisognerà capire le dinamiche istituzionali e legislative, i dirigenti devono saper collaborare mantenendo l’orientamento al risultato, mostrando anche esperienza nella gestione dei rapporti con i portatori di interesse, con capacità strategica e visione lungo periodo. Oltre ovviamente all’etica e alla trasparenza. Tutti i manager in questa situazione chiedono cosa si vuole realmente da loro». Calabresi ha aggiunto che l’IA non è ancora preminente per le metodologie di selezione, né le competenze nell’uso dell’IA sono già fondamentali per i manager. «Ci si aspetta più che altro una sensibilità su questo e ci vuole innanzi tutto adattabilità. L’Italia è interessante per Heidrick e Struggles, cerchiamo la persona migliore nel posto giusto e chi viene dal settore privato può essere idoneo al settore pubblico, qualora voglia ridare indietro quanto di buono avuto. Ci vuole una sensibilizzazione a lavorare anche per le imprese pubbliche, l’ostacolo maggiore non è lo stipendio, tanti manager potrebbero dare una mano. Ma va capito che non è vero che tutte le aziende pubbliche sono elefantiache e non si può fare nulla. E sì, i profili ibridi sono positivi».

La puntata integrale di Largo Chigi

Articoli Correlati

stampa Meloni
di Redazione | 03 Maggio 2025

Il solito provincialismo

di Alessandro Caruso | 03 Maggio 2025

Il Conclave tra fede e geopolitica