Economia

Sigarette elettroniche: la governance chiara che l’Europa ci invidia

27
Marzo 2025
Di Ilaria Donatio

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto economico de Il Riformista)
Il percorso degli ultimi 15 anni per il mercato italiano dei liquidi da inalazione, è stato piuttosto complicato e ricco di “stop and go”. Ma a partire dalla riforma fiscale del 2019, con le nuove norme sulla circolazione dei prodotti, si può ben dire che nulla è andato storto. «Prima di quella data abbiamo assistito a un notevole roller-coaster: c’è stata molta mancanza di dialogo su un prodotto nuovo che a tanti ha fatto paura». A parlare Umberto Roccatti, presidente di Anafe Confindustria, l’associazione dei produttori e distributori di sigarette elettroniche.

Dal 2013 fino alla metà del 2018, un forte scontro – alimentato da una tassa che equiparava il liquido da inalazione al tabacco combusto – ha scosso il settore: ma l’obiettivo di fare cassa non venne affatto centrato visto che «in quegli anni lo Stato ha incassato solo 2 milioni di euro sui 117 previsti, fatto fallire 4000 piccole imprese e perso circa 10mila posti di lavoro». 

Una débâcle, dunque. In un momento in cui l’Italia era il secondo mercato al mondo dopo gli Stati Uniti e le imprese italiane stavano iniziando ad aprire all’estero». 

Però, «con la delega fiscale, il mercato è stato normalizzato e si è scelta una tassazione a volume che era gestibile dalla filiera». Il mercato è ripartito e lo Stato all’epoca incassò 20 milioni che «adesso sono diventati 200».

Dunque, come tutelare l’erario e contemporaneamente la salute dei consumatori, difendendo le filiere? La risposta è, secondo Roccatti, innanzitutto, «concertazione: non sempre le strategie win win sono implementabili, ma nel nostro caso assolutamente sì». 

Negli ultimi 30 anni nessuna istituzione italiana è riuscita a risolvere un problema, prosegue: «Gli 80.000 morti l’anno, causati dal mercato del tabacco combusto». Quindi, da un lato, c’è «un’opportunità sanitaria enorme offerta dai prodotti a rischio ridotto, secondo dati scientificamente provati, e dall’altro, abbiamo un’economia da 1 miliardo di euro, 5mila tra piccole e medie imprese, 70mila posti di lavoro, tra diretti e indiretti».

Il modello italiano è visto come virtuoso dagli altri produttori europei grazie alla governance chiara di cui gode. Ed è proprio la «governance che determina la qualità di un mercato: quello che ci invidiano e vogliono copiare».

Le previsioni sui dati dell’Agenzia Dogane e Monopoli relativi al 2024 parlano di quasi 250 milioni sul gettito complessivo.

Infine, due proposte di direttive europee – TED e TPD – possono avere un impatto assolutamente rilevante nei prossimi 10 anni ma presentano, secondo Roccatti, alcune criticità. 

Per esempio, laddove si ipotizza una accisa tripla per i prodotti dal contenuto di nicotina sopra i 15 mg (il limite massimo oggi è pari a 20 mg); oppure la facoltà riconosciuta agli Stati membri, di adottare un’accisa a volume o, alternativamente, a valore (che su un prodotto in cui la componente tecnologica è fortemente integrata sarebbe paragonabile a una tassa sull’hardware); e, ancora, il “flavour ban” che avrebbe l’effetto di «alimentare il mercato di contrabbando, senza garantire risultati rilevanti in termini di protezione dei minori». 

Ecco, infine cosa chiede Roccatti: «Togliere l’ideologia dall’azione delle istituzioni italiane ma soprattutto di quelle europee». E guardare alla realtà: e la «realtà suggerisce che nessuno sta risolvendo il problema degli 80.000 morti l’anno. Ci vuole pragmatismo e sposare il rischio ridotto che contribuisce anche all’economia nazionale». L’alternativa? «Perdita certa di gettito e un regalo al mercato nero».