Economia

Se le agenzie di rating danno semaforo verde all’Italia, finiscono nelle “brevi”

13
Novembre 2023
Di Daniele Capezzone

Dopo Standard & Poor’s anche Fitch ha confermato il rating dell’Italia. 

E, per la seconda volta consecutiva, gli stessi media che alla vigilia avevano pompato il giudizio imminente con articoli tambureggianti, forse pregustando il downgrading, hanno derubricato la notizia a mera “breve”. 

Per carità: non si chiede ai media di fare il tifo per niente e nessuno (nemmeno per il proprio paese), ma almeno sarebbe gradito che non ci fosse una sorta di malcelato tifo contro.

Parliamoci chiaro. Che l’Italia abbia uno stock di debito particolarmente elevato è cosa pacifica: chi scrive – per quel che vale – ancora a settembre ha riproposto un piano di attacco al debito attraverso valorizzazioni e dismissioni tali da produrre sui mercati un effetto segnaletico. La mossa, tra l’altro, ci offrirebbe attraverso il risparmio annuale sugli interessi anche un margine costante per ridurre un po’ la pressione fiscale, dando respiro alla nostra politica economica. 

Ma onestà intellettuale vorrebbe che si ricordasse come tra il 2020 e il 2022 (governi Conte e Draghi) il debito sia cresciuto di ben 350 miliardi. Ed era una fase (vale sempre la pena di non dimenticarlo) di tassi bassissimi: dunque, un momento propizio sia per provare a ridurre il debito sia per tagliare le tasse. E non si è fatta né l’una né l’altra cosa. 

Ciò ovviamente non esime il governo Meloni dal porsi il problema. Ma coloro che tacquero in quel periodo farebbero bene a non strillare ora, quando il conto degli interessi si avvicina ai 100 miliardi l’anno, a causa sia della mole di debito che dei tassi alle stelle. 

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