Economia

Riforma del patto di stabilità, la direzione piace ma il Qatargate distrae

14
Dicembre 2022
Di Gianni Pittella

La vicenda dolorosa e raccapricciante che stanno vivendo le istituzioni europee non può e non deve attenuare la attenzione su altri temi importanti della agenda europea. Come i lettori ricorderanno la pandemia Covid portò sostanzialmente alla sospensione del patto di stabilità.

Oggi che faticosamente si prova a costruire la ripresa post-covid (e c’è la guerra in corso), la Commissione europea (il commissario gentiloni ha lavorato con equilibrio e saggezza) ha presentato una proposta di riforma del patto di stabilità che sarà naturalmente lo stimolo per un ampio dibattito tra gli stati membri dell’eurozona e negli stati membri.

Giusto e tempestivo anticipare i falchi del rigorismo a senso unico che già si apprestavano a rivedere le riproposizioni del patto così com’era.

Devo dire che la proposta ha anche nel merito molte positività, tra cui la rimozione della regola secondo cui ogni stato membro deve ridurre ogni anno di 1/20esimo la quantità del proprio debito che va oltre il 60% del Pil – è più che evidente che questa innovazione per un paese come il nostro, ad alto debito pubblico, è essenziale!

Condivido anche la proposta di aggiungere sanzioni reputazionali per lo stato membro che non rispetta la regola del patto di stabilità: i ministri dei governi inadempienti saranno chiamati a uno scrutinio di domande dal Parlamento europeo. Restano aperti, tuttavia, due nodi di fondo che il dibattito dovrà affrontare: i parametri rimangono immutati come se tre numerini possano definire in maniera asettica il destino e lo sviluppo di un singolo paese. E non c’è previsione  di autonomia fiscale che specifica concretamente che, dopo la scelta coraggiosa e lungimirante di finanziare il piano di ripresa e di resilienza con emissione di debito comune, si torna indietro.

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