Economia

Presentato al Parlamento europeo il 6° “MED & Italian Energy Report”: ecco cosa è emerso

28
Gennaio 2025
Di Ilaria Donatio

Gli impatti delle tensioni geopolitiche nel Mar Rosso sulle forniture di greggio e gas naturale liquefatto (GNL) nel Mediterraneo, la rilevanza della sponda meridionale del Mediterraneo nelle forniture di gas naturale, soprattutto dopo l’inizio del conflitto russo-ucraino; il ruolo potenziale delle fonti rinnovabili nella costruzione di un dialogo sull’energia verde nella regione mediterranea. Sono i filoni principali analizzati dal sesto MED & Italian Energy Report, lavoro di ricerca – quest’anno – dal titolo, “The energy transition in the Mediterranean between sustainability and security: a dynamic think-tanking approach”.

Realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e frutto della sinergia
scientifica tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@energycenter Lab del Politecnico di Torino, e della collaborazione con la Fondazione
Matching Energies
, il report è stato presentato oggi al Parlamento Europeo e ha anche un focus sui porti e lo shipping di cui analizza la rilevanza nel commercio energetico marittimo del Mediterraneo, identificando i terminal più importanti e i principali chokepoint (letteralmente, colli di bottiglia) coinvolti nella fornitura di materie prime energetiche.

L’evento – patrocinato dai deputati europei Elena Donazzan e Giorgio Gori – è stato organizzato con la collaborazione della struttura European Regulatory and Public Affairs di Intesa Sanpaolo con sede a Bruxelles.

La dipendenza energetica dell’Europa
L’UE tra le grandi economie globali è quella con la maggiore dipendenza energetica: il 58% del fabbisogno energetico dipende da importazioni, a fronte di una dipendenza cinese del 20% e di una totale autosufficienza degli Stati Uniti.
Ma un elevato livello di dipendenza energetica espone maggiormente i singoli paesi alla volatilità dei prezzi delle commodity energetiche sui mercati internazionali e agli impatti delle tensioni geopolitiche, condizionandone la competitività rispetto ai paesi più autosufficienti.

Migliora, comunque, la capacità di produzione interna, grazie alla crescita delle rinnovabili che sono passate, dal 2000 ad oggi, dal 15% al 45% del totale del mix di generazione di energia elettrica.

Il dialogo energetico Europa-Nord Africa
Fondamentale procedere nel dialogo energetico tra Europa e Nord Africa anche per la produzione di rinnovabili e idrogeno verde. È stato calcolato che considerando la generazione di elettricità da fotovoltaico, basterebbe meno dell’1% della superficie dei paesi della costa meridionale per generare elettricità sufficiente non solo a soddisfare la loro futura domanda di energia elettrica, ma anche per produrre elettricità in eccesso che potrebbe essere esportata verso le altre due sponde. L’Italia gioca un ruolo fondamentale di “ponte” tra i due continenti.

In questo contesto, i porti e lo shipping diventano strategici per l’economia energetica globale: accanto al ruolo di hub per le commodity fossili, i porti stanno diventano anche luoghi strategici per la transizione green e per favorire il “ponte energetico” tra Europa e Nord Africa. Ricordiamo che nei porti vanno sempre più diffondendosi grandi progetti inerenti le energie rinnovabili, in particolare solare ed eolico anche offshore.

La politica energetica di Trump
Le scelte annunciate dal Trump 2 in termini di politiche energetiche avranno impatti rilevanti. Il suo ritorno al fossile, laddove verrà attuato, inciderà moltissimo sulla geografia energetica e sugli equilibri geopolitici legati al commercio delle commodity energetiche. L’espansione della produzione americana di idrocarburi è un modo per ridurre i costi dell’energia e guadagnare competitività, soprattutto nei confronti della Cina.

La nuova presidenza degli USA nelle sue strategie avrà come conseguenza quella di rimodellare le catene di approvvigionamento e le dinamiche commerciali globali impattando quindi anche sul commercio di prodotti energetici: aumenterà con Trump la spinta a vendere più petrolio e gas degli USA all’Europa, che già nel corso degli ultimi anni ha aumentato le importazioni di GNL dagli Stati Uniti. Se nel 2021 pesavano per il 27%, la quota è cresciuta al 41% l’anno successivo, arrivando al 48% sul totale del GNL importato dall’Europa nei primi mesi del 2024.

Il ruolo degli Stretti
Hormuz, Malacca e Suez
sono “chokepoint energetici” con una funzione strategica. Passano attraverso Hormuz il 34% del commercio di greggio, il 14,3% dei prodotti raffinati, il 25,6% del gas ed il 18% del GNL. Per lo Stretto di Malacca, invece, transita circa il 33,5% del commercio di greggio insieme al 13% circa dei prodotti raffinati, al 15,1% del gas ed al 17% del GNL. Sono transitati per Suez il 5% del commercio totale di petrolio (crude + refined), il 2,2% del gas e l’1,2% del GNL. Valori che, in prospettiva, quando avverrà la normalizzazione in Medio Oriente, potrebbero tornare ad essere ben superiori.

Le perturbazioni del Mar Rosso
La crisi del Mar Rosso ha avuto impatti rilevanti anche sui transiti energetici. Ha condizionato gli approvvigionamenti energetici di gas allungando così le catene di fornitura; la durata media dei viaggi delle metaniere dal Qatar è passata da 18,5 giorni nel 2023 a 39,7 giorni nell’aprile 2024. La tregua firmata tra Israele e Hamas apre finalmente spiragli per una graduale ripresa dei traffici attraverso il Mar Rosso.

La guerra Russia-Ucraina
Il conflitto in Ucraina ha portato a un potenziamento del commercio intramediterraneo di materie prime fossili, con l’Algeria che ha gradualmente sostituito i flussi di gas russo, diventando in breve tempo il principale fornitore di gas dell’Italia. Le importazioni di gas dall’Algeria attraverso il gasdotto Transmed sono aumentate dal 29,5% del totale nel 2021 al 38% nel 2023. L’incidenza delle forniture russe è diminuita dal 39,4% nel 2021 ad appena il 4,2% nel 2023.

L’Italia meno dipendente
Quanto al nostro Paese, migliora, seppur di poco, il livello di dipendenza energetica passando dal 77 al 74%. Quest’anno il Paese ha raggiunto un livello di scorte del 98,5%, oltre la media europea, assicurandosi ampia copertura contro eventuali rischi forniture. E le energie rinnovabili sono un driver su cui insistere: gli ultimi dati al 2024 per l’Italia, evidenziano che la richiesta di energia elettrica è stata soddisfatta per il 41,2% da energia rinnovabile, il massimo di sempre.

I porti italiani sono in prima fila sul fronte dell’energia: per i nostri porti il segmento energy vale il
35% del totale movimentato. Essi saranno sempre più protagonisti di una rivoluzione energetica: la nuova sfida è quella di diventare hub della transizione energetica, impegnandosi a rendere più ecologiche le proprie attività.

Diversi porti italiani figurano nella top 10 dei principali porti energy dell’area Med, con un
ruolo rilevante soprattutto per il trade di petrolio e derivati. Per il greggio: Trieste (38 milioni di
tonnellate movimentate), Augusta e Sarroch (12 milioni di tonnellate movimentate
ciascuna); Augusta (9,5 milioni di tonnellate) e Sarroch (7,8 milioni di tonnellate) per i prodotti
petroliferi raffinati; Napoli per il gas (1 milione di tonnellate); Porto Levante-Rovigo (6,4 milioni
di tonnellate) e Piombino (2,4 milioni di tonnellate) per il GNL.

Avanza, dunque, il modello Green con investimenti e nuove sfide per le nostre infrastrutture: le stime autorevoli dell’ESPO (European Sea Port Organization) hanno mostrato come la sostenibilità sarà il driver strategico degli investimenti dei porti europei nei prossimi 10 anni; una survey condotta su 173 autorità portuali in 85 Paesi ha mostrato come oltre il 90% dei porti abbiano piani di investimento in infrastrutture e in sostenibilità. Inoltre, circa un terzo dei porti analizzati destinerà spazi alla produzione di energia rinnovabile, mentre il 13% espanderà gli impianti di produzione energetica esistenti.