Economia

Pnrr: tutto quello che di buono può venire, secondo la Bce

08
Gennaio 2025
Di Giuliana Mastri

L’effetto sul Pil del Pnrr, se verrà usato al meglio, può essere dell’1,9% fino al 2026 e dell’1,5% fino al 2031. Quanto riportato nelle stime della Bce, che prevede anche un effetto positivo sul debito pubblico, ma non sull’inflazione. Il tutto a condizione che la velocità di attuazione non superi la qualità delle operazioni e che venga sfruttato esaustivamente anche il potenziale delle riforme connesse al Dispositivo di Ripresa e Resilienza, ovvero il termine tecnico, e la fonte giuridico-economica, da cui discende il piano dell’Italia, il Pnrr.

I calcoli rispecchiano quello che già era stato previsto un anno fa e c’è grande attenzione sul percorso di Italia e Spagna, i due Paesi dell’Ue che hanno beneficiato della maggiore quantità di fondi. Le erogazioni terminano il 31 agosto 2026, poi si dovrà iniziare a restituire le somme. Una minore parte delle risorse è stata destinata ai Paesi senza l’euro. In totale parliamo di una potenza da 800 miliardi. Entro il 2026 l’impatto sul Pil nell’area euro è atteso tra lo 0,4% e lo 0,9%, se comprendiamo sia lo stimolo fiscale, sia le riforme strutturali parallele agli investimenti.

Per quanto riguarda l’Italia, la stima dell’1,9% di effetto sul Pil viene fuori senza tenere conto delle riforme strutturali ma solo della spesa, la quale è bene sia assorbita in misura elevata, facendo affidamento anche su una crescita del livello medio di produttività. L’Italia figura al settimo posto tra le 18 nazioni area euro beneficiarie dei fondi nella graduatoria delle riforme già implementate, con una quota attorno al 50%. Occupando invece il secondo posto per investimenti (poco meno del 40%).

Ipotizzando una produttività media, nello scenario centrale, la riduzione del debito pubblico per l’Italia (misurato anche in termini di spread, calo degli interessi, aumento del Pil) sarebbe di 7-8 punti percentuali.

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