Economia

Pmi in borsa, in Italia ancora molto da fare ma il Tech cresce

27
Novembre 2023
Di Redazione

Le piazze finanziarie non sono più adatte solo alle grandi società per azioni. Negli ultimi anni sono nati nuovi mercati di capitali in cui possono collocarsi aziende di piccole-medie dimensioni, che abbiano una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro, e che non abbiano superato questa cifra per tre anni consecutivi. Attualmente è in corso l’iter di approvazione del “Ddl Capitali”, un provvedimento del governo utile a rafforzare la competitività della Borsa di Milano nei confronto degli omologhi europei, tuttavia la Legge di Bilancio non dovrebbe confermare il Bonus Ipo, un credito d’imposta al 50% che sostiene le Pmi nell’attuare la loro quotazione. Sono comunque stati presentati emendamenti per tenerlo e se ne discuterà. L’incentivo è nato qualche anno fa e dal 2018 al 2022 è stato utilizzato da 120 aziende per un totale 50 milioni.

Da più parti c’è l’idea che la cancellazione dell’incentivo possa frenare future quotazioni di aziende che il mercato avrebbe valutato positivamente. «Il Ddl Capitali è un passo avanti importante. Il problema è che non affronta a sufficienza una questione chiave: la carenza in Italia di investitori focalizzati sulle società quotate di piccole e medie dimensioni. Gli altri Paesi hanno varie iniziative in questa direzione: in Francia la Caisse des Dépôts et Consignations ha lanciato un fondo da 1,5 miliardi per sostenere le Ipo di società tecnologiche, in Gran Bretagna c’è una forte moral suasion per spingere i grandi investitori a sostenere le piccole e medie società quotate in Borsa», ha detto al Sole24Ore Chicco Testa, ex presidente di Enel, politico e giornalista.

Nonostante ciò, l’attività delle Pmi nella borsa italiana, precisamente sul segmento Euronext Growth Milan, è incoraggiante e non va sottovalutata. Grande attenzione è riservata all’ingresso di quelle d’ambito tech. Nel 2023 se ne sono quotate 29, in tre anni il comparto è cresciuto del 37%. Su 23 società selezionate, infatti, quasi due terzi trattano sopra il prezzo di collocamento, e circa la metà hanno realizzato una performance a doppia cifra.

«L’investimento in Pmi viene generalmente considerato rischioso – ha spiegato al Corriere Luigi Giannotta, direttore generale di Integrae Sim –. Andando a guardare più nel profondo del listino Egm si scoprono aspetti interessanti. Un dato importante che emerge dalla nostra analisi: fare selezione di titoli e tenerli in portafoglio nel medio periodo consente di ottenere risultati sorprendenti. Tante belle storie di impresa da raccontare che non avrebbero avuto tanto successo senza l’aiuto del mercato dei capitali del pubblico».

Va sottolineato comunque che la quotazione in borsa ha dei vantaggi e degli svantaggi, richiedendo caratteristiche che non tutte le imprese hanno salde. Per alcuni sbarcare sul mercato dei capitali è la mossa vincente, per altri può rivelarsi un errore che poi si paga. Tra i benefici certamente c’è la disponibilità di maggiore liquidità, la possibilità di scambiare azioni per favorire investimenti, acquisizioni e cessioni, l’ottenimento di una più forte reputazione, la possibilità di elaborare piani a lungo termine riuscendo a servirsi del personale più idoneo agli obiettivi.

Di contro, però, per poter stare in borsa, una società deve essere già certa di dimostrare agli investitori una buona solidità e competitività, delle previsioni di crescita sostanziose e durature, una struttura organizzativa ben collaudata e autonoma, una oculata gestione finanziaria, essendo poi ben disposti a separare il patrimonio personale da quello dell’azienda, condividendo pubblicamente con trasparenza, e tempestivamente, dati sull’andamento dell’azienda. E poi, ovviamente, bisogna sapere se i costi della quotazione sono davvero sostenibili.

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