Economia

Mercati, rally delle materie prime. Torna il nodo inflazione

05
Aprile 2024
Di Giampiero Cinelli

L’inflazione sta calando ma le materie prime si mantengono a prezzi sostenuti e salgono. Motivo per cui le preoccupazioni sull’inflazione non possono essere lasciate da parte.

L’oro si avvicina ai 2.300 dollari (+10,8% da inizio anno), l’argento ha superato i 26,6 dollari (+12%), il rame è sopra 4,2 dollari (+7%) e il petrolio Wti ha scavallato gli 85 dollari (+19%). A questo punto i rischi di risalita della dinamica dei prezzi sono da prendere in considerazione.

Ci ha già pensato la Federal Reserve che nei suoi calcoli sulle personal consumption expenditures, uno dei parametri dell’inflazione (dato versione “core”, cioè al netto di energia e alimentari) valuta un 2,6% rispetto alle ultime stime del 2,4%. A febbraio l’indice si è attestato al 2,8%. Non si tratta ancora del target ottimale per le banche centrali americana ed europea del 2%. E a questo punto si aspetta con fermento la decisione della Bce a giugno sui tassi.

«Il rischio che molti temono – ha detto al Sole24ore Davide Bottaioli, consulente indipendente – è il dipanarsi di uno scenario simile a quello degli anni ‘70/’80’ che vide, dopo una prima ondata rialzista ed una fase calante una ripartenza dell’inflazione che in termini temporali assomiglia molto alla fase attuale».

Se le materie prime salgono c’è l’opportunità di guadagni, ma allo stesso tempo bisogna guardarsi bene da possibili oscillazioni repentine e se si è investito troppo in asset legati alle commodities e meno in prodotti come titoli azionari o obbligazionari, ci si espone a problemi causati da possibili rialzi dei tassi. Il mercato sembra averlo già previsto perché oggi è molto bassa la percentuale di investimenti in materie prime rispetto ai bonds, complice anche il vantaggio del rialzo dei tassi.

Il valore dei bond in Usa e Ue al momento è molto soddisfacente per il mercato e se l’inflazione è questa dovrà restare molto conveniente, il problema semmai è quanto ancora si vorrà mantenere questo assetto poco attento agli interessi degli imprenditori medi e piccoli che chiedono credito, iniziando a pensare che questo livello tendenziale di inflazione non sia per forza dovuto ai livelli di domanda interna, cioè al grado di vivacità dell’economia, ma a fattori strutturali. Che possono portare Powell e Lagarde forse a tenere una linea prudente ma per meno tempo.

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