Economia

Tra decrescita e inflazione, la legge di bilancio sarà per cuori forti

27
Settembre 2022
Di Giampiero Cinelli

Giorgia Meloni ha ordinato ai suoi di non fare caroselli di festeggiamento domenica notte. La congiuntura è troppo delicata per dare l’impressione di essere entusiasti. Innanzi tutto perché incombe la legge di bilancio e il futuro esecutivo non è certo di poterla scrivere tutta di suo pugno. In teoria oggi, ma più probabile in settimana, il governo uscente deve presentare la Nadef per il 2022. L’acronimo sta per “Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza” ed è il testo propedeutico alla stesura della famigerata finanziaria. Se la finanziaria va approvata entro il 31 dicembre (ma l’Europa è disponibile a posticipare la scadenza) e il nuovo governo potrebbe insediarsi a novembre, capite bene che la collaborazione di Mario Draghi dovrà esserci, anche se il Premier, lealmente, ha assicurato che l’indirizzo politico del testo sarà esclusivo appannaggio dei nuovi ministri e lui si limiterà a fornire un quadro di riferimento tendenziale. Quadro di riferimento che però è inevitabilmente a ribasso e non può che preoccupare la potenziale prima presidente donna.

Rispetto ad aprile, in cui le stime di crescita nel 2023 erano state fissate al 2,4%, tenendo anche conto una media delle previsioni delle agenzie di rating e di Bruxelles il ministero guidato da Daniele Franco adesso si terrà su un +0,8%. In questo modo, però, salirà anche la passività del saldo di bilancio, da 3,9 al 5% circa. Questo se non consideriamo una vera e propria recessione, in cui si andrebbe in territorio negativo. Pessimismo alimentato anche dall’attesa di un calo dell’export nel 2023, che comunque resta fattore trainante. A rendere di difficile gestione un quadro del genere, c’è la consapevolezza che di qui in avanti saranno necessarie altre risorse a debito per affrontare il caro bollette. Che complessivamente farebbero ammontare la prossima legge di bilancio più o meno a quaranta o anche sessanta miliardi. Questo se, considerato l’importo del Decreto Aiuti Ter (14 miliardi), poniamo che verrà rifinanziato ogni tre mesi per tutto il 2023. L’ultimo decreto scade a novembre e va comunque convertito in legge per non farlo decadere. Il prossimo esecutivo sarà anche impegnato nel trovare soluzioni a livello europeo, ma al Consiglio importantissimo del 30 settembre ci sarà ancora l’ex presidente della Bce. La destra condivide a grandi linee le soluzioni proposte come il disaccoppiamento dell’elettricità dal gas ma, soprattutto per bocca di Giorgia Meloni, ha considerato l’utilizzo delle risorse ferme del Fondo Sociale Europeo, probabilmente anche per non appesantire la legge di bilancio.

L’impressione è che una recessione non possa escludersi e che anche un governo con ampia legittimazione dovrà cercare di agire su più fronti. Per non dover lesinare su tanti altre voci di spesa come quelle per gli investimenti pubblici e le politiche per le aziende. Basterà un lavoro a «quattro mani» come aveva considerato Guido Crosetto? Certamente nei prossimi giorni sarà interessante avere un’idea del passaggio di consegne per quanto riguarda gli uffici dei conti pubblici. Sui possibili ministri di Finanze e Tesoro, che forse verranno scorporati, il toto nomi non fa ipotizzare una forte discontinuità, ma la volontà di fare quanto più possibile nella linea tracciata.

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