Economia

La guerra dei droni stravolge l’industria della difesa

02
Settembre 2024
Di Ilaria Donatio

Una delle industrie più importanti in Ucraina è, oramai, quella che realizza droni militari: il Paese è passato da sei produttori di droni, prima dell’invasione russa, all’averne oltre 200, in grado di sfornare un milione di droni all’anno.

Il corrispondente da Kiev del Financial Times, Christopher Miller, racconta di un laboratorio segreto, alla periferia di una cittadina dell’Ucraina orientale, in prima linea nella guerra contro la Russia, dove i soldati lavorano dalla mattina alla sera per realizzare “droni killer”. 

Dentro i laboratori segreti di droni in Ucraina
La piccola fabbrica è dotata anche di una stampante 3D per realizzare i componenti necessari a trasformare la tecnologia – progettata per il divertimento o la fotografia aerea – in un’arma mortale: fondamentalmente, i droni d’attacco FPV (first-person view: modelli radiocomandati che sono pilotati tramite schermi o visori con cui il pilota ha la stessa visuale che avrebbe ai comandi del modello stesso, ndr) sono estremamente economici ma efficaci, tanto da colmare alcune delle carenze di proiettili di artiglieria che hanno afflitto l’esercito di Kiev nell’ultimo anno. 

E mentre i programmi di realizzazione delle armi tradizionali impiegano decenni per svilupparsi, fondandosi su consistenti budget governativi e su grandi strutture di ricerca e collaudo, i droni hanno costi relativamente bassi, sono letali e rapidi da realizzare. Questo confronto impari ha contribuito a livellare il campo tra i player più piccoli e i giganti ormai affermati del settore.

Prodotti economici e rapidi da testare
L’esperienza dell’invasione ucraina e della guerra dimostrano che “il time to market”  – il periodo di tempo che intercorre tra l’ideazione di un prodotto e la sua effettiva commercializzazione, ndr – e uno sviluppo delle tecnologie più agile sono importanti”, spiega al FT Micael Johansson, amministratore delegato del campione svedese della difesa, Saab. “Invece di sviluppare un prodotto perfetto che potrebbe richiedere molti anni, è importante costruire prodotti rapidi che possano essere testati, modificati e testati di nuovo. La velocità è fondamentale”. 

Ma non è solo l’industria a dover cambiare. Anche i dipartimenti governativi della difesa dovranno trasformare il modo in cui acquistano le armi per stare al passo con cicli di sviluppo delle armi molto più rapidi e sempre più definiti dal software e da sistemi automatizzati, guidati dall’intelligenza artificiale. E per cominciare, i funzionari della difesa dovranno guardare al di fuori del loro solito gruppo di fornitori per coinvolgere aziende più piccole, molte delle quali provengono da un background tecnologico. 

A quanto pare, già sta accadendo. “Se l’Ucraina ci ha insegnato qualcosa, è che dobbiamo andare più veloci“, ha detto quest’anno il generale Sir James Hockenhull, capo dello Strategic Command britannico a un pubblico londinese di funzionari militari e dirigenti industriali. Per i governi, il risultato finale potrebbe rappresentare una vera rivoluzione nell’ambito della difesa e negli affari militari.

Ne è passata acqua sotto i ponti dai vecchi droni “da ricognizione” che furono impiegati per la prima volta dagli Stati Uniti, su larga scala, durante la guerra del Vietnam: solo dopo, altri paesi iniziarono a investire in modo più massiccio nella tecnologia aerea senza pilota. Ma fu l’avvento di droni economici, spesso di fabbricazione cinese, combinati con software rapidamente adattabili e sempre più basati sull’intelligenza artificiale, a mostrare come gli UAV – Unmanned Aircraft System, Aeromobile a pilotaggio remoto – potessero cambiare le caratteristiche della guerra.

Difesa e aerospazio: nuovi attori ai nastri di partenza
Ma proprio come i droni hanno cambiato radicalmente il campo di battaglia, la loro crescente onnipresenza sta stravolgendo anche l’industria della difesa, che vede emergere nuovi attori come sfidanti di giganti ormai affermati: Lockheed Martin, Raytheon e BAE Systems che dominano il settore da decenni.  

Tra le giovani start-up tecnologiche che hanno già fatto breccia nel settore, ci sono il gruppo statunitense di analisi dei dati Palantir Technologies, con una capitalizzazione di mercato di 58 miliardi di dollari, la statunitense Rebellion Defense e l’europea Helsing, specialista in difesa tramite l’intelligenza artificiale, impegnata in un altro round di raccolta fondi che potrebbe arrivare a una valutazione di 4,5 miliardi di dollari. 

C’è poi Anduril Industries, fondata dall’imprenditore californiano Palmer Luckey, uno dei maggiori beneficiari della crescente domanda di nuove tecnologie da parte delle forze armate: centinaia dei suoi droni d’attacco Altius-600M sono stati acquistati dal Pentagono e inviati sul fronte ucraino. 

Gli operatori tradizionali, scossi dalla crescente concorrenza e fin troppo consapevoli delle sfide industriali, stanno rispondendo, spesso, alleandosi con i nuovi arrivati o rilevando i loro rivali più piccoli: un mix di collaborazione e competizione, dunque.

“La difesa consisterà sempre in un gioco di bilanciamento tra hardware e software”, dice Gundbert Scherf di Helsing: e se è vero che continuerà a “dipendere dal rifornimento di apparecchiature elettroniche, in futuro sarà definita sempre di più dall’IA”.