Economia
Investimenti privati, collaborazione necessaria per lo sviluppo del Paese attraverso il PNRR
Di Alessandro Cozza
Una chiamata alle armi per il settore delle fondazioni bancarie, delle casse e dei fondi previdenziali con l’obiettivo di far contribuire i privati alla trasformazione del Paese verso la sostenibilità, a partire dallo strumento del ‘private equity’, e per evitare che la guerra in corso e l’inflazione possano piegare gli effetti del Pnrr. Questo il messaggio lanciato nel corso dell’evento “Il Pnrr e il ruolo degli investitori privati per la trasformazione del Paese verso la sostenibilità” organizzato dalla Luiss in collaborazione con Hope nella sede della Business school di Roma. Gli esperti intervenuti alla tavola rotonda hanno tutti convenuto sul tema della necessità di un contributo di investimenti privati in questa fase storica.
«L’Italia è messa male su venture capital, fondi per le infrastrutture e private debt. Anche se siamo cresciuti molto l’anno scorso, siamo ancora piccolini». Lo ha affermato Anna Gervasoni, direttrice generale Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt. In Italia sono stati 14 i miliardi di investimento dello scorso anno tra private equity e venture capital. Sei miliardi sono di raccolta, contando anche il private debt. Per quanto riguarda i fondi italiani, solo l’equity ha raccolto 4,5 miliardi, tra investitori istituzionali, italiani e internazionali. Invece i privati, cioè family offices, retail e clientela private valgono 900 mila euro, secondo l’analisi fatta da Gervasoni. Un numero – per esempio – non paragonabile con la Francia, in cui nello stesso periodo sono stati 4,3 miliardi.
Chi ha bisogno di investimenti sicuri sono le casse previdenziali che sono diverse da fondazioni e fondi pensioni che prendono soldi dai professionisti, per poi farli fruttare e renderli in un futuro periodo. «In qualità di rappresentante delle casse, ho tre richieste. La prima è capire chi è il nostro giudice, perchè saltabecchiamo tra il giudice civile, il giudice amministrativo e il giudice contabile. Questo è inaccettabile soprattutto per investimenti che provano a prendersi qualche rischio. La seconda è una revisione del codice degli appalti, perchè siamo obbligati a fare le gare ad evidenza pubblica. Terzo aspetto, non possiamo più subire l’effetto negativo dell’interpretazione distorsiva della nostra inclusione all’elenco Istat. Ha finalità statistiche nell’ambito Eurostat, quindi doverosa. Ma così siamo assimilati dalla Pubblica amministrazione, e quindi passibili di spending review», le richieste poste sul tavolo da Alberto Oliveti, presidente Adepp e Fondazione Enpam.
In tema di PNRR è importante ricordare che circa il 40 % offre contributi a fondo perduto. È attraverso questa via che la finanza privata, interessata a massimizzare il rendimento del capitale, può anche diventare un attivatore della transizione ambientale e sociale. «Nell’ottica dei finanziamenti del Pnrr, in aggiunta ai finanziamenti pubblici, che non possono essere sufficienti, un ruolo centrale dovrà essere svolto dalla finanza privata. A partire da fondazioni di origine bancaria che hanno capacità di investimento a lungo termine». Lo ha affermato Francesco Profumo, Presidente Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA e Presidente della Fondazione Compagnia San Paolo
Le conclusioni sono state affidate al padrone di casa. «Le aziende italiane sopra i 20 dipendenti sono circa 79mila- ha spiegato- Certo, esiste il rischio Italia, il rischio aziendale e il rischio del mercato. Ma va investito di più, non solo in una certa categoria di imprese che è quella delle grandi aziende. Gli altri non ce la fanno. Qualche piccolo passo in avanti è stato fatto ma con questa curva di crescita non possiamo centrare i nostri obiettivi», ha concluso Luigi Abete, presidente della LUISS Business School.