Economia
Intesa Sanpaolo: guerra e crisi, l’Italia cresce se si basa sul Pnrr
Di Giampiero Cinelli
Torna la rassegna economica “Città Impresa” di Bergamo, in programma fino al 12 novembre, e lo fa oggi con un focus sulla situazione italiana e mondiale, curato e presentato da Gregorio De Felice, responsabile Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo.
De Felice innanzi tutto fa notare che le avvisaglie di recessione vera e propria non si sono ancora concretizzate, soprattutto negli Stati Uniti, nonostante l’aumento dei tassi e l’inflazione. La dinamica dei prezzi sta scendendo anche in Europa e secondo lo studio dovrebbe tornare nel target entro il 2025, a meno che le tensioni geopolitiche non arrechino maggiori danni.
Gli scenari di politica estera nei prossimi due anni, tracciati dal centro studi di Intesa Sanpaolo, sono duplici e inerenti al Medio Oriente. Nel primo il conflitto coinvolgerebbe Siria e Libano, nel secondo anche l’Iran, considerando sia ipotesi di guerra breve ad alta intensità, che di guerra oltre i tre mesi ma a intensità più bassa. Qualora Teheran dovesse entrare nel conflitto De Felice si aspetta i peggiori effetti dal lato del prezzo del petrolio, che andrebbe a 160 dollari al barile. Mentre il gas naturale toccherebbe i 110 euro al megawatt/ora. Nella previsione che esclude l’Iran comunque si parlerebbe di 80-100 dollari al barile e di 48-90 euro al megawatt/ora.
Le ripercussioni sull’inflazione europea si conterebbero in un aumento almeno dell’1%, con una recrudescenza che può arrivare al 2,8%. Tutto ciò significherebbe una minor crescita di 0,5% o in alternativa, stavolta sì, una recessione. Per evitarla, bisognerebbe trovarsi nelle condizioni degli Stati Uniti, in cui i consumi comunque alti e una bassa propensione al risparmio si coniugano con un mercato del lavoro solido.
Nulla che sembri in linea con il contesto italiano, per il quale, se il futuro dovesse essere troppo negativo rispetto alle attese, in primavera la Commissione europea potrebbe aprire una procedura per deficit eccessivo, osserva De Felice.
A pesare sull’Italia è il decremento dei redditi, che il report indica risalire nel 2024 dando una spinta alla crescita. Crescita che ad ogni modo – fermo restando le stime del Pil a +0,8% o +0,7% nel 2023–, per Intesa Sanpaolo sono dell’1% nel 2024 anziché l’1,2% previsto dal governo. Dunque, fa notare Gregorio De Felice, sarà molto importante per l’economia il contributo del Pnrr, che dovrebbe registrarsi. Nonostante una revisione al ribasso, da parte del governo, dell’impatto sul Pil del Piano nel 2023 allo 0,4%, nel 2024 il Pnrr aiuterà per uno 0,9%. L’esecutivo ha peraltro tagliato il programma degli investimenti diretti statali nell’ambito del Pnrr nel 2025-2026, per esigenze di razionalizzazione, ed ha invece aumentato i contributi agli investimenti privati nello stesso ambito. Una scelta che Intesa Sanpaolo valuta positivamente alla luce delle circostanze.