Economia

Imprese vinicole: una filiera che genera 20,5 miliardi di euro

23
Gennaio 2024
Di Ilaria Donatio

Più di 2.300 imprese, con un fatturato da 21,5 miliardi di euro, 10 miliardi di export e oltre 81 mila occupati: lo Studio di Filiera per i settori Vini, Spiriti e Aceti, realizzato da Nomisma per Federvini,  mette in luce la dimensione straordinaria e l’importanza strategica che questi tre settori assumono per il sistema economico italiano.

Presentato oggi presso la Camera dei Deputati, lo studio fotografa – per usare le parole di Micaela Pallini, Presidente di Federvini – “un vero e proprio patrimonio di cultura, storia, economia e di lavoro che produce benessere per le comunità locali”. E le cifre indirette sono anche più importanti: le imprese coinvolte – considerando anche quelle agricole di trasformazione – arrivano a essere ben 38.000 e, grazie ad un effetto moltiplicatore, si attivano oltre 460 mila lavoratori  (tra diretti, indiretti e indotti) nell’intero sistema.

In termini di valore aggiunto, incluse le componenti indirette e indotte, le tre filiere Federvino generano sul territorio nazionale una cifra pari a 20,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa l’1,5% del PIL nazionale. Di questi, 4,9 miliardi sono riconducibili all’effetto diretto (attribuibile alle imprese dei comparti attraverso la propria attività di produzione), 9 miliardi all’effetto indiretto (prodotto dai diversi fornitori attivati e dalla domanda generata a loro volta dai fornitori) e 6,6 miliardi all’effetto indotto, dunque, quello generato dall’incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel processo economico. 

Ma le imprese delle filiere di Vini, Spiriti e Aceti attivano molti altri settori economici  – dall’agricoltura alla logistica, passando dal commercio al dettaglio all’Horeca e al settore immobiliare – come ha illustrato Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria Retail e Servizi di Nomisma: “Ogni euro di valore aggiunto direttamente generato dalle imprese dei settori Vini, Spiriti e Aceti crea ben 4,2 euro nell’intera economia nazionale grazie agli impatti indiretti e indotti su altre filiere del made in Italy”.

Un comparto, tuttavia, messo a dura prova dalle sfide legate all’incerto scenario macroeconomico e geopolitico internazionale. Basti pensare alla recente crisi del Mar Rosso: “Quello del vino italiano”, ha commentato, in un messaggio inviato alla presentazione del Rapporto Nomisma, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, “è un successo planetario che vede il nostro Paese stabilmente ai primissimi posti tra gli esportatori mondiali nel settore, grazie alla brillante performance delle nostre imprese sui mercati internazionali”. 

L’export di vino, spiriti e aceti
In termini di export, i comparti di vino, spiriti e aceti italiani ricoprono un rilievo importantissimo, non solo in merito all’incidenza sulle vendite oltre frontiera del food&beverage (19%) ma soprattutto per il contributo positivo alla bilancia commerciale agroalimentare: 8,4 miliardi di euro di saldo commerciale aggregato netto, l’apporto più alto tra i prodotti italiani del F&B. Il nostro Paese è oggi il primo esportatore mondiale a valore di aceti, con una quota sull’export globale del 37%, nonché di vermut (34%), il secondo di vini fermi imbottigliati (22%) e liquori (14%). Nel complesso, negli ultimi dieci anni l’Italia ha conosciuto una crescita del valore sui mercati esteri di oltre il 76%. 

Sostenibilità e reputazione
Oltre il 90% delle imprese dei tre comparti intervistate ha sostenuto negli ultimi tre anni investimenti, oltre che per l’acquisto di beni strumentali, anche a sostegno della sostenibilità ambientale (packaging sostenibili, riduzione dei consumi di acqua, produzione dell’energia rinnovabile) e sociale (attività culturali, selezione dei fornitori locali, iniziative umanitarie), della formazione del personale e della ricerca e sviluppo per nuovi prodotti. 

Il focus su Piemonte e Veneto 
La ricerca condotta da Nomisma ha incluso anche un approfondimento sulla dimensione e la performance delle imprese attive nel settore spiriti in due regioni storicamente vocate alla distillazione quali Piemonte e Veneto. Rilevantissimo il peso del Piemonte, le cui imprese attive nel comparto spiriti garantiscono direttamente oltre un terzo del fatturato nazionale di settore (1,7 miliardi di euro nel 2022) e il 31% della forza lavoro (1.956 occupati). Le aziende venete hanno invece prodotto un fatturato di 450 milioni di euro (il 9% del totale nazionale) occupando 670 persone (l’11% del totale).

“L’anno appena chiuso presenta alcune criticità”, ha concluso il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso in un messaggio a margine della presentazione. “Numerosi sono i fronti in cui i vostri produttori sono impegnati: la vendemmia 2023 rappresenta una delle più scarse dal secondo Dopoguerra, il fungo della peronospora mina le produzioni, le giacenze sono alte, mentre c’è una nuova guerra in Israele dopo quella in Ucraina: dobbiamo difenderci”, ha poi concluso, “continuando a sostenere la qualità che caratterizza da sempre le nostre produzioni apprezzate non solo in termini di esportazioni, ma anche come leva di attrazione dei territori sempre più dediti al turismo enogastronomico”.

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