Aquisgrana (in tedesco Aachen) è la città più occidentale della Germania e in passato ha fatto da cornice alla stipula di alcuni storici patti fra le maggiori potenze d’Europa. Dal riconoscimento dell’impero carolingio (812) alla fine delle guerre di devoluzione (1668) e di successione austriaca (1748), fino al trattato che pose termine all’occupazione del territorio francese da parte dei vincitori di Napoleone (1815). Martedì questo rilevante polo industriale affacciato sul Reno ospiterà la firma di un nuovo e importante accordo diplomatico, quando i governi di Germania e Francia formalizzeranno l’intesa che dovrebbe segnare il futuro del progetto europeo e delle sue politiche fondamentali. La vicenda ci riguarda da vicino poiché rischia di rendere plastica l’esclusione dell’Italia dall’asse portante dell’Unione, con buona pace del nostro storico rango di paese fondatore della Comunità europea. L’idea di configurare un’intesa franco-tedesca venne ufficializzata dal cancelliere Konrad Adenauer già nel 1950, quando i rapporti di forza fra i due paesi erano tutti a favore di Parigi. Il progetto è poi sopravvissuto allo scorrere dei decenni e ha giocato un ruolo decisivo nel tenere acceso il fuoco dell’integrazione europea, strumento cruciale per gli inquilini dell’Eliseo volto a preservare l’equilibrio di potere con il vicino d’oltre Reno.
I rapporti di forza franco-tedeschi si sono rovesciati a partire dalla riunificazione delle due Germanie nel 1990, al punto che oggi il gap economico fra le due maggiori economie del continente non è mai stato tanto sfavorevole a Parigi. Senza il benestare tedesco, qualsiasi tentativo francese di riforma dell’Ue è destinato a cadere nel vuoto – come nel caso del progetto ambizioso del presidente Macron per un’unione fiscale e un ministro delle Finanze dell’Eurozona. In una fase storica segnata dal rischio di veder implodere l’Ue per via delle sue mille contraddizioni, Germania e Francia sembrano invece voler compiere un nuovo passo lungo il sentiero dell’Europa a due velocità. Il trattato di Aquisgrana prevede infatti consultazioni bilaterali a ogni livello per assumere una posizione condivisa a ogni vertice comunitario, investimenti in nuove capacità militari e nel settore della Difesa e financo l’ammissione di Berlino fra i membri permanenti di un riformato Consiglio di sicurezza Onu. C’è spazio anche per la creazione di un’area economica franco-tedesca con regole comuni e per il raggiungimento del pieno bilinguismo nelle regioni di frontiera lungo il Reno.
La notizia può danneggiare pesantemente gli interessi dell’Italia, vista sia da Parigi sia da Berlino come un socio di secondo livello. Ovvero utile a dare profondità alla propria filiera produttiva oppure come terra di conquista per i propri campioni industriali nazionali. Un campanello d’allarme di cosa ci potrà riservare il futuro viene dalla vicenda Fincantieri-Stx, finita sotto la lente d’ingrandimento dell’antitrust di Bruxelles a stretto giro di posta dalle schermaglie politiche fra il nostro governo e la controparte transalpina. A peggiorare le cose c’è la sempre più probabile uscita di scena del Regno Unito, potenza a vocazione globale che in Europa si è sempre dimostrata un formidabile contrappeso alle velleità egemoniche renano-continentali.
Alberto De Sanctis