di Paolo Bozzacchi
Altro che caro materie prime! Il settore del lusso sta assurgendo a faro per chi cerca segnali incoraggianti di ripresa duratura e consistente per l’economia globale. Gli analisti italiani di Altagamma lo avevano previsto già lo scorso novembre, indicando una ripresa a doppia cifra per tutti i comparti del lusso, con una media di crescita attorno al 14% per il 2021, dopo un 2020 che ha registrato un calo del mercato attorno al 20%.
Vanno ben oltre queste rosee aspettative i dati di ieri della semestrale di Lvmh, la multinazionale numero uno al mondo del lusso guidata da Bernard Arnault. Lvmh accoglie più di 70 marchi del lusso. Oltre ai più noti brand moda tra cui Louis Vitton, Dior, Céline, Guerlain, Givenchy e TAG Heuer e gli ex italiani acquisiti nel tempo del calibro di Bulgari, Fendi e Loro Piana, la multinazionale parigina ha anche diversificato nel tempo, pur rimanendo nel settore. Fatta eccezione per la proprietà dei quotidiani transalpini Les Échos e Le Parisien, ha investito nel cosiddetto altro lusso: quello dei vini e liquori di Moët & Chandon e Veuve Clicquot e della catena di alberghi Le Bon Marché. Mosse dimostratesi azzeccate economicamente.
I numeri resi noti ieri da Lvmh sono a dir poco sbalorditivi e non sono da rimbalzo tecnico, ma da crescita mozzafiato. I ricavi del gruppo hanno toccato quota 28,7 miliardi di euro, in crescita del 53% rispetto allo stesso periodo del 2020 (e direte voi gioco facile rispetto ai mesi di lockdown globale), ma soprattutto +11% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Non solo. L’utile netto Lvmh del primo semestre 2021 è decuplicato rispetto al 2020, superando i 5 miliardi di euro (5,3), con un aumento del 62% rispetto allo stesso periodo del 2019. Lo stesso cash-flow della società (liquidità in cassa) ha superato i 5 miliardi, triplicando quello del 2019.
Utilizzando i numeri Lvmh come osservatorio dei settori del lusso, si nota che la divisione Moda e Pelletteria (la più importante per il gruppo) è cresciuta dell’81% rispetto al 2020 e del 38% rispetto al 2019. Nuovo record di vendite per 13,8 miliardi, con forte rialzo per le aree Stati Uniti e Asia, e l’Europa a inseguire.
La divisione Vini e Liquori è cresciuta del 44% rispetto al 2020 e del 12% rispetto al 2019, con un giro d’affari di 2,7 miliardi di euro. Poco al di sotto della divisione Profumi e Cosmetici (di cui fa parte il brand Sephora), che ha fatturato 3 miliardi di euro. Meglio di entrambe ha fatto quella Gioielli e Orologi, con ricavi per 4 miliardi e un risultato operativo più che doppio rispetto al 2019 o +38% se scorporata dall’ingresso nel gruppo dello storico brand Tiffany.
Arnault ieri non l’ha mandata a dire, e ha parlato di “raccolta dei frutti dovuti a innovazione e investimenti fatti nelle proprie attività per tutta la durata della pandemia, pur essendo nel bel mezzo di una crisi globale”. Un vero e proprio mantra per chi fa impresa e una chiara indicazione di come le crisi economiche e sociali possano essere accolte (anche) come opportunità.
LVMH: il Lusso Va Meglio dell’Hybrid.