Economia
I mercati finanziari sperano in un atterraggio morbido
Di Massimiliano Mellone
Il tasso di inflazione Usa ha registrato una diminuzione per il sesto mese consecutivo, attestandosi al 6,5 per cento a dicembre: si tratta del dato più basso da ottobre dello scorso anno. Lo ha sottolineato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante un discorso alla Casa Bianca. «I numeri parlano chiaro: l’inflazione è ancora elevata, ma sta scendendo grazie soprattutto al calo che ha interessato i prezzi della benzina, dando sollievo alle famiglie in difficoltà». È evidente la soddisfazione del presidente americano, il quale ha tenuto ad aggiungere che la strategia dell’amministrazione «sta funzionando, e può rappresentare una base per una economia forte e resiliente nei decenni a venire: non sono mai stato così ottimista».
Il rallentamento dell’inflazione americana, in una misura in linea con le attese degli analisti, ha convinto gli investitori che la Federal Reserve ammorbidirà il rialzo dei tassi di interesse, influenzando poi le decisioni della Banca centrale europea. Questo ha spinto in alto i bond e le azioni, con Milano che giovedì ha terminato le contrattazioni in progresso dello 0,73% (da inizio anno il Ftse Mib ha guadagnato ben l’8,5%, distante ormai poco meno di 10 punti percentuali dai massimi dello scorso anno.
Per Intermonte, l’inflazione core in calo conferma il ‘muro’ del 5% per Fed funds. «Complessivamente, il dato di oggi – ha spiegato Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – conferma il trend di rallentamento dell’inflazione, mettendo la Fed nelle condizioni di preannunciare il rallentamento ed il successivo stop lungo. L’ipotesi stop al 5 o al 5,25% appare un dettaglio che verrà definito nei prossimi mesi, monitorando non solo l’inflazione ma anche l’andamento del comparto servizi che ha dato segnali di cedimento marcato a dicembre, con il relativo indice Ism sceso bruscamente sotto quota 50. I segnali da questo comparto potrebbero rendere sufficiente anche il 5%, che di fatto comporterebbe un tasso sui Fed funds leggermente restrittivo se confrontato con il Pce core e soprattutto la dinamica salariale, entrambi già sotto il 5%».
«La Federal Reserve si sentirà rassicurata dal fatto che i suoi rialzi dei tassi stanno avendo, finora, l’effetto desiderato», ha affermato in un report Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. «L’inflazione di oggi, insieme ai dati sui salari non agricoli della scorsa settimana, farà sì che la Fed riconsideri il ritmo dei rialzi dei tassi, visto che si riunirà tra poche settimane. La pubblicazione dei dati odierni fa aumentare le probabilità di un aumento dei tassi dello 0,25% all’inizio del mese prossimo, un ulteriore passo indietro rispetto al precedente aumento dello 0,50%». Allo stesso tempo, ha rilevato l’analista, «le richieste iniziali di disoccupazione e quelle continue sono risultate entrambe inferiori alle aspettative, indicando un mercato del lavoro statunitense ancora solido. I dati sui salari saranno probabilmente al centro dell’attenzione della Fed in futuro, in quanto diventeranno sempre più importanti per determinare l’entità e la velocità del calo dell’inflazione al consumo».
«Dopo due dati sull’inflazione inaspettatamente moderati, l’aspetto sorprendente del rapporto di dicembre è la vicinanza al consenso. I prezzi core sono aumentati dello 0,3% e il tasso anno su anno (a/a) è sceso al 5,7%. Come previsto, anche il dato principale è diminuito dello 0,1% mese su mese e il tasso a/a è sceso al 6,5% rispetto al picco del 9% raggiunto a metà del 2022», ha osservato Tiffany Wilding, North American Economist di PIMCO. «Dal nostro punto di vista, i dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro si modereranno/indeboliranno a sufficienza da spingere la Fed a fare una pausa prima della riunione di maggio e riteniamo che il rapporto di oggi sia coerente con questa visione. Ciononostante, i funzionari della Fed sembrano prevedere rialzi fino a maggio per portare il tasso sui Fed Funds appena sopra il 5%», ha aggiunto l’economista.
Una prima conferma è intanto arrivata dal presidente della Fed di Filadelfia, Patrick Harker, il quale ha affermato che mentre la banca centrale ha bisogno di alzare maggiormente i tassi per raffreddare l’inflazione, probabilmente potrà farlo a un ritmo molto più lento rispetto all’azione dello scorso anno. «Mi aspetto che alzeremo i tassi più volte quest’anno, anche se a mio avviso i giorni in cui li alzavamo di 75 punti base alla volta sono sicuramente passati», ha sottolineato durante un suo intervento. E ha aggiunto: «Penso che aumenti di 25 punti base saranno appropriati in futuro». Harker ha quindi espresso fiducia che la Fed possa raggiungere il proverbiale “atterraggio morbido”, in cui l’inflazione è sotto controllo e l’economia evita la recessione.