Economia

Gas, il punto su forniture e stoccaggi in Italia. Le variabili della crisi

29
Settembre 2022
Di Giuliana Mastri

La crisi del del gas imperversa. Ed è notizia di queste ore che la fornitura russa proveniente dall’Austria è stata interrotta. Fatto potenzialmente spartiacque. Le indubbie criticità, potrebbero essere mitigate non soltanto dagli interventi in campo politico, ma da specifiche contingenze. La più importante: avere diversi canali di approvvigionamento. Maggiori di quelli della Germania ad esempio. Assai dipendente dalla Russia data la sua posizione geografica. Vediamo insieme da dove arriva il gas in Italia, i consumi e gli stoccaggi utili a resistere a un inverno senza precedenti.

Gasdotti. I punti più importanti.

Nel nostro Paese il gas arriva essenzialmente dalla Russia, dall’Olanda/Norvegia, dall’Algeria, dall’Azerbaijan, dalla Libia, Qatar e Stati Uniti D’America. C’è poi una piccola percentuale di produzione nazionale pari al 4,4% nel 2021. La fonte russa principale è quella del Tag, nel Tarvisio al confine con l’Austria; il metano norvegese sfocia a Passo del Gries: Dall’Algeria invece il 14,5% del gas liquefatto che arriva a Livorno e a Panigaglia (Liguria), passando per la Sardegna tramite il Galsi; altro gas algerino è quello del Ttpc, entrante in Sicilia a Mazara del Vallo. Dunque il famoso Tap, quello del gas azero di cui ci si approvvigiona in Puglia a Meledugno. Infine la Sicilia, dove Gela ospita il gasdotto libico Greenstream. I rigassificatori di Gnl sono quelli di Livorno e Cavarzere in Toscana e Porto Viro in Veneto. Più quello già citato di Panigaglia.

In questo documento di Snam la mappa nel dettaglio dei punti di entrata e di uscita (Dati aggiornati al 2021).

Da chi consumiamo di più

Le forniture principali per l’Italia, come è noto, sono russe. Nel 2021 pesavano per un 38,2%. Seguiva l’Algeria al 27,8%, poi l’Azerbaigian per il 9,5%, la Libia per il 4,2%. Il Nord Europa al 2,9%. Il 13,1% era il Gnl importato. Quindi lo scorso anno, come certifica il Mise, su un totale di 72.728 miliardi di metri cubi importati, 28,9 erano quelli russi, 22,5 gli algerini, 7,2 i metri cubi azeri e così via. Nel 2022, a causa del conflitto ucraino, la situazione è cambiata e l’Italia durante la presidenza di Mario Draghi ha posto le basi per dimezzare la dipendenza dal metano di Mosca, destinato a essere superato da quello dall’Algeria, grazie ai nuovi accordi. La proiezione è confermata da dati ufficiali ministeriali e di Gie. Aumentata anche l’importazione dall’Europa.

Le incognite restano

Sebbene il punto di equilibrio sembri vicino al raggiungimento, dato anche che il livello di stoccaggio italiano è buono, certificato da Gie al 90% negli ultimi dati disponibili di questo mese, le potenzialità delle fonti alternative attualmente usufruibili sembrano al loro massimo. E siamo dunque costretti ad aumentare la richiesta di gas liquefatto e metano dalla Norvegia. Se però la domanda della Germania dovesse incrementare e la Russia limitasse ancora di più l’erogazione, anche l’Italia si troverebbe costretta ai razionamenti, per non esaurire gli stoccaggi a marzo 2023 in caso di maggior bisogno rispetto a quello stimato. La situazione dipenderà infatti dalle temperature. Il costo delle fonti non russe, per altro, è maggiore e già il prezzo del gas per mgh stenta a tornare a livelli normali. Si prospetta insomma un inverno dove la crisi può essere controllata, ma non potrà non colpire. Obiettivo del prossimo governo, allora, sarà presumibilmente salvaguardare prima le aziende, chiedendo qualche sacrificio in più a chi sta nelle abitazioni.

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