Economia

Fmi, nel 2023 crescita a ribasso. L’inflazione potrebbe non calare

11
Ottobre 2022
Di Giampiero Cinelli

Come se non bastasse, anche il report del Fmi sulle previsioni per l’economia globale – il World Economic Outlook che sarà presentato nel tardo pomeriggio (9.00 pm orario americano) – conferma la congiuntura fortemente problematica dei prossimi tempi. I fattori critici da governare sono soprattutto l’inflazione e i salari, classica dicotomia dei sistemi produttivi moderni.

Crescita giù, Italia in recessione

Secondo il report, la spinta inflazionistica del 2021, dovuta ai problemi di approvvigionamento successivi al Covid e a un improvviso aumento della domanda, è stata ben assorbita dall’aumento delle paghe, tuttavia più in termini nominali che reali. Nel 2022 il livello dei salari è tornato a livelli normali, ma la difficoltà nel frenare i prezzi può comunque riattivare una pericolosa spirale. Per scongiurare questo, secondo il Fondo, potrebbe essere necessario abbattere le aspettative di inflazione, in modo da influenzare i comportamenti di produttori e dipendenti. Tuttavia il Fondo prevede che il livello resterà ancora alto e potrebbe toccare anche il 10% in media. Nel 2022 infatti si attesterà al 8.8, ma l’attesa è di una discesa nel 2023 al 6,5% nel 2023. Allora le retribuzioni seguirebbero la curva di almeno due punti percentuali in termini reali. Importante a quel punto sarà il ruolo delle banche, che prevedibilmente terrebbero i tassi d’interesse su una media globale tra i 3 e il 4%. Ovviamente molto più sostenuti rispetto all’epoca in cui la Fed e la Bce beneficiavano di un costo del denaro a livelli quasi negativi. Il Fmi sottolinea che le prospettive di inflazione saranno molto influenzate anche dalla catena dell’offerta, ossia da quanto il mercato sarà in grado di offrire i beni domandati. Questi sono tutti scenari in cui si presuppone una reazione non razionale alle politiche dei governi e alla situazione. Le stime di crescita per il 2022, a livello globale, restano al 3,2%, mentre saranno al ribasso per il 2023, attualmente fissate al 2,7%. Per quanto riguarda l’Italia, si pensa che il Pil nel 2023 calerà dello 0,2%, la Germania invece dovrebbe fare 0,3%. Ciò significa ovviamente più deficit e recessione. Con una dinamica del debito pubblico che non continuerà a scendere. Fermandosi al 147,1% del Pil, rispetto al 147,3% atteso per quest’anno. La congiuntura non potrà che far aumentare anche la disoccupazione, che arriverebbe al 9,4%.

La decarbonizzazione

Se si parla di costi, ovvio oggi pensare alla decarbonizzazione. Che può essere un’opportunità, ma solo qualora gestita bene. Siccome, infatti, entro il 2030 bisogna ridurre del 25% le emissioni di CO2 in base all’accordo di Parigi, quasi tutte le maggiori aree stanno applicando tasse sui carburanti. Manovre insidiose, i cui effetti negativi possono essere mitigati quanto più velocemente si riuscirà a investire sulle fonti non inquinanti. Per gli esperti dell’istituto finanziario «se le misure giuste verranno attuate nei prossimi otto anni, i costi rimarranno gestibili, altrimenti maggiori saranno i costi macroeconomici. La velocità di passaggio a tecnologie a basse emissioni, ad esempio per la produzione di elettricità, colloca questi costi tra i 0,15 e i 0,25 punti percentuali della crescita del Pil globale, con l’inflazione che potrebbe aumentare e raggiungere da 0,1 a 0,4 punti percentuali all’anno. Sebbene questi costi non siano banali, sono ammortizzabili dagli innumerevoli benefici a lungo termine (per la produzione, la stabilità finanziaria, la salute)». Il Fondo monetario suggerisce poi che per evitare di amplificare questi costi, è importante che le politiche sia climatiche che monetarie siano credibili.

La finanza sostenibile

In tal senso il Fondo sottolinea l’importanza della finanza privata sostenibile. Analizzata nell’altro documento di cui si parlerà oggi, il Global Financial Stability Report. In accostamento ai fondi pubblici. Rimarcando come «in modo incoraggiante, la finanza privata sostenibile nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo è salita a un record di 250 miliardi di dollari lo scorso anno. Ma la finanza privata deve almeno raddoppiare entro il 2030, in un momento in cui i progetti infrastrutturali a basse emissioni di carbonio investibili spesso scarseggiano e i finanziamenti dell’industria dei combustibili fossili sono aumentati vertiginosamente dall’accordo di Parigi». La finanza però per essere efficace ha bisogno di stabilità. Negli ultimi anni si è vista poco. Con molta volatilità e pressione ora dovuta agli aumenti dei tassi attuali. Secondo gli analisti bisogna concentrarsi sul regolamentare meglio le attività sui derivati, operazioni illiquide come ad esempio quelle sui mutui, e tutte le operazioni fatte sui fondi aperti. Il Fmi esorta a trovare soluzione affinché ci siano meno operazioni di compra-vendita a breve termine.

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