Economia

Fed, Trump nomina Powell: “Mr. Ordinary”

03
Novembre 2017
Di Redazione

Il presidente Usa Donald Trump ha nominato Jerome Powell nuovo presidente della Federal Reserve. Si apre così un nuovo capitolo nella storia della Banca centrale americana: che si avvia a mettere in atto una politica economica a favore della flessibilità nei casi di regolamentazione e supervisione del sistema finanziario. «Serve una robusta, salutare, ferma leadership alla Fed e Powell la fornirà», ha detto Trump. Da parte sua Powell ha accolto la sua nomina riaffermando, in omaggio alla continuità, il doppio mandato della Fed: "Lavorerò – ha detto – per i due obiettivi di stabilità dei prezzi e massima occupazione".

Powell, soprannominato "Mr. Ordinary", 64 anni, repubblicano, primo ex banchiere d’investimento nominato chairman con una fortuna personale tra i 21 e i 61 milioni di dollari, è il cambiamento senza scosse voluto dall'amministrazione Trump

Powell inizialmente seguirà la linea dettata dalle prudenti posizioni prese in passato e dalla sua esperienza concreta nel mondo del business. Tuttavia manterrà l’attenzione a pressioni sui prezzi  sotto il target del 2%. Dovrebbe quindi preservare un approccio pragmatico e “data dependent” – sensibile ai dati economici man mano in arrivo – su condizioni e prospettive di una longeva espansione al di sotto di passate performance e con talloni d’Achille nei salari, nella qualità del lavoro e nelle sperequazioni sociali. Non mancano incognite su squilibri finanziari, con i mercati a livelli record. Powell, grazie all’apprendistato nella Fed di Yellen e alla formazione nel settore privato, dovrebbe anche rimanere in sintonia con futuri segnali recessivi o di fragilità del sistema finanziario – il suo mandato dura quattro anni – disposto a utilizzare l’intero arsenale, convenzionale e meno, della Banca centrale.

I maggiori cambiamenti sono nelle carte sulla regolamentazione. Powell ha un approccio meno severo, ma si tratta di gradazioni piuttosto che di svolte rispetto all’approccio degli ultimi anni. Ha preso le distanze da “micro-regulations” della Fed e delle altre istituzioni preposte ai controlli. Il focus di Powell dovrebbe piuttosto essere ridimensionare gli oneri di regolamentazione nei confronti delle banche di minori dimensioni.

Un mix forse rivelatore di continuità con sottili variazione dovrebbe al contrario emergere su politica monetaria e di bilancio. Dovrebbe adottare un linguaggio meno “attivista” e più circospetto sul ruolo della Fed, ma difendere una normalizzazione graduale, sia nei rialzi dei tassi d’interesse, oggi all’1%-1,25%, che nell’uscita dal Quantitative easing. 

Nel più lungo periodo appare tuttavia in linea con la maggioranza della Fed su tassi sotto i livelli passati, a massimi del 2,75 per cento. Sulla riduzione del bilancio, gonfiato oltre i 4.200 miliardi da acquisti di titoli del Tesoro e derivati immobiliari, dovrebbe a sua volta procedere con il lento ridimensionamento in atto, che lasci alla fine il portafoglio a 2.000-2.500 miliardi dai 900 pre-crisi.

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