Economia

Europee, borse oggi in rosso. I titoli di Parigi nella bufera

10
Giugno 2024
Di Giampiero Cinelli

Brusco risveglio per le borse europee all’indomani delle elezioni del parlamento europeo. Alle 16:30 circa, in rosso Francoforte (-0,64%), Londra (-38%), Milano (-0,83%), Parigi (-1,9%). Il tonfo finanziario francese si riflette anche sui titoli delle maggiori banche transalpine, con Credite Agricole e Bnp a picco. A risentirne inoltre i titoli di Stato francesi: il bond di riferimento a 10 anni sale di dieci punti base al 3,22%. Ma problemi anche per il Btp italiano che tocca il 4%.

Oltreoceano la situazione non è migliore; in negativo il Dow Jones, recuperano dopo un avvio non buono Nasdaq e S&P 500, mentre l’euro sul dollaro scende a 1,07.

Non è difficile da interpretare. Il quadro venuto fuori dal voto non è piaciuto ai mercati. Lo scioglimento dell’Assemblea francese e il buon risultato di partiti euroscettici e più critici verso le istituzioni europee, apre a dubbi su possibili cambiamenti della governance comunitaria che intaccherebbero le attività finanziarie e la vitalità dei commerci.

Da tanto tempo si discute dei partiti alternativi ai tradizionali come un pericolo, prima ancora che per l’Europa, proprio per i mercati. Ma è davvero così? Nei fatti, gli ultimi decenni di politica europea, pur densi di tensioni e sorprese, non hanno tuttavia generato cambiamenti significativi nell’architettura del sistema finanziario. I capitali continuano a girare indisturbati da una parte all’altra, anche perché sono i trattati europei stessi a stabilire la libertà di movimento dei fattori produttivi, senza la quale si esce dal paradigma europeo.

Le limitazioni non ci sono state nemmeno durante il Covid e solo dopo l’invasione dell’Ucraina hanno interessato la Russia attraverso le sanzioni. In realtà, la dimensione in cui il principio liberale può avere, ed ha avuto, delle flessioni, è quella del commercio dei beni reali. In merito l’Unione Europea valuta ulteriori dazi nei confronti delle merci dei Paesi più insidiosi, come la Cina, che risponderebbe allo stesso modo, mentre già abbiamo avuto esperienza dei dazi tra Europa e Stati Uniti nell’era Trump. Forse quindi i mercati pensano che i partiti di destra possano ulteriormente rallentare il commercio mondiale, andando a influire sugli indici delle borse?

Va ricordato, ad ogni modo, che il mercato delle obbligazioni è in larga parte influenzato dalla Bce, che decide i tassi d’interesse del circuito bancario europeo. La Bce è un istituto a suo modo indipendente, nessun governo nazionale può prendere strade diverse sulla politica monetaria da quella tracciata da Christine Lagarde. Un motivo questo che dovrebbe evitare l’isteria degli operatori finanziari europei e che fino a oggi ha tenuto l’Europa col fiato sospeso, proprio perché i governi hanno dovuto aspettare il cambio di passo di Francoforte.

Ma al di là dei capisaldi del modello finanziario, che resteranno invariati al netto di potenziali terremoti politici che portino alla riscrittura dei trattati – cosa assai improbabile –, ci sono comunque le politiche economiche e fiscali dei singoli Paesi. Quelle sì ancora relativamente autonome, seppure soggette a vincoli esterni. Ed ecco che allora i mercati un segnale decidono di darlo a chi non ritengono più affidabile. Prima l’indiziato numero uno era Palazzo Chigi. Oggi, magari, è l’Eliseo, che per molti si prepara a ospitare un nuovo inquilino, dalle sembianze femminee ma dall’animo piuttosto rude,

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