Economia

“Esportare la Dolce Vita”, la strategia italiana per il mercato globale

18
Febbraio 2022
Di Daniele Bernardi

“Mentre il panorama dei mercati sta cambiando e la competizione globale sta modificando i sistemi industriali, c’è una caratteristica del nostro paese che rimane solida: uno stile di vita fatto di cultura, storia, arte, bellezza ed eleganza, fuso con i tratti distintivi tradizionali delle produzioni industriali italiane riconosciute per il design, la cura dei dettagli e la qualità dei materiali”. È questo il Made in Italy nelle parole di Barbara Beltrame, Vicepresidente all’internazionalizzazione di Confindustria, che è intervenuta lo scorso martedì 16 febbraio a Dubai, durante la conferenza “Esportare la Dolce Vita. The potential of Made in Italy in the changing landscape of global market”.

L’evento serviva a presentare il report “Esportare la Dolce Vita” elaborato dal centro studi di Confindustria assieme alla società per azioni di Cassa depositi e prestiti SACE.

Il report, riferito all’anno 2021 appena trascorso, sottolinea il valore delle nostre esportazioni ed in particolare di quello che viene normalmente posto sotto il nome di Made in Italy ma che per le sue qualità viene in questo caso rinominato il “Bello e ben fatto” (o “beautiful and well-done”). Il settore, seppure in parte messo in crisi dalla pandemia e dal calo delle esportazioni, ha visto i prodotti seguire differenti trend: se da una parte quelli più strettamente legati al turismo e alla mobilità hanno visto un calo del fatturato, dall’altra le attività che sono riuscite a spostarsi in remoto hanno mantenuto stabile il timone, dimostrando che per il futuro sarà sempre più richiesta una forte capacità di adattamento per operare sui mercati internazionali. I settori in difficoltà non sono comunque stati lasciati soli, come hanno fatto notare diversi relatori del Panel, ricordando l’importanza degli aiuti di stato, in Italia come in altri paesi.

Durante l’esposizione del proprio studio, l’autore ed economista di Confindustria Tullio Buccellato ha spiegato quali sono le caratteristiche che rendono il “Bello e ben fatto” unico nel suo genere e quindi al riparo dalla concorrenza di paesi come la Cina che sono riusciti meglio ad adattarsi alla pandemia: la qualità dei materiali, l’accuratezza delle lavorazioni, il design e la riconoscibilità della manifattura sono gli elementi distintivi del Made in Italy, che predilige una strategia basata sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Una strategia che è valsa ben 135 miliardi di euro di export solo nel 2021. I nostri principali importatori sono i mercati avanzati: Stati Uniti, Germania, Francia… che valgono circa 114 miliardi, ma non sono da sottovalutare i cosiddetti paesi emergenti che nel lungo periodo, date le loro caratteristiche demografiche, con una fetta crescente del ceto medio benestante, costituiranno una parte sempre più grande delle nostre esportazioni. È proprio il Ministro degli Esteri Di Maio a far notare, tramite un messaggio letto dall’ambasciatore italiano a Dubai Nicola Lener, che “gli Emirati Arabi Uniti sono il secondo mercato potenziale per questi prodotti tra i paesi emergenti”.

Tra le sfide più importanti che ha davanti a sé il settore del “Bello e ben fatto” ci sono le due (ormai note) rivoluzioni: quella digitale e quella green.

Della prima si è in parte già detto in precedenza, la pandemia ha messo a dura prova i settori che non sono riusciti ad adattarsi. Come messo ben in evidenza da Buccellato, l’Italia non è tra i primi dieci paesi al mondo nell’e-commerce, mentre la Cina, spesso presentata come modello al quale ispirarsi, è “il primo per vendite B2C (ovvero dall’impresa al consumatore) online”. Infatti, sottolinea José Rallo, membro del consiglio di ITA (Italian Trade Agency), “è strano per gli italiani acquistare cibo online” ma, data anche la pandemia, è necessario che si adattino. È sempre la dottoressa Rallo a far notare come esempi virtuosi nell’utilizzo delle nuove tecnologie siano comunque presenti nel panorama italiano: pare infatti che ITA stia lavorando ad un sistema in grado di sfruttare la blockchain al fine di contrastare la contraffazione dei prodotti italiani. Contraffazione che, stando al rapporto OCSE del 2018, costa agli italiani circa 32 miliardi di euro all’anno. Altro esempio virtuoso proviene da Jean-Christophe Babin, CEO di Bulgari, che, intervenuto durante la conferenza, ha confessato l’utilizzo da parte della società di Intelligenze artificiali per fare predizioni sul comportamento futuro dei clienti o per migliorare l’efficienza della produzione.

Legata alla rivoluzione digitale c’è poi la rivoluzione green. A tal proposito, sono stati invitati all’evento Daniele Benatoff, CEO di Planet-Farms, azienda specializzata nel vertical farming, tecnica in grado non solo di consumare meno suolo ma anche di risparmiare il 95% di acqua, e Alessandro Pe, managing director di Arneg in Medio-Oriente, azienda leader nel settore del retail che durante la conferenza ha mostrato un video sulle pratiche di riciclo dei materiali dei propri impianti refrigeranti (fino al 96% dei materiali riciclati).

Al termine della propria presentazione, Tullio Buccellato ha mostrato alcune “raccomandazioni politiche”: alcune già dette come “rafforzare i canali di vendita digitale” o la “lotta alla contraffazione delle merci italiane su scala mondiale” ed altre, meno menzionate ma ugualmente importanti, come “stabilizzare le relazioni internazionali”, “perseverare e, ove possibile, aumentare la visibilità dei prodotti Made in Italy” e infine “incoraggiare la creazione di reti e associazioni di imprese finalizzate all’estrazione di maggior valore dal mercato globale”.