Economia

Elezioni europee, come reagiranno i mercati finanziari?

03
Giugno 2024
Di Giampiero Cinelli

Come reagiranno i mercati finanziari al verdetto delle elezioni europee in programma questo fine settimana? Sarebbe a dir poco presuntuoso cercare di rispondere assertivamente. Ad ogni modo, per tracciare quantomeno un modello di risposta, è bene prima porsi le domande giuste.

Se ci chiediamo come reagiranno i mercati, stiamo dando ai mercati un’anima, una volontà. E sebbene la vulgata dica che i mercati sono entità indipendenti da tutto, rispondenti solo alle loro logiche, l’esperienza ci dice che, almeno in una certa misura, non è e non può essere così. Perché i mercati non parlano, non hanno volto, ma sono fatti da società, in definitiva da uomini in carne ed ossa, immersi nello stesso contesto socio-ambientale in cui siamo immersi noi. Le aziende che si occupano di investire il denaro, e anche i piccoli risparmiatori, desiderano innanzi tutto avere un quadro certo di ciò che sarà nel medio-lungo periodo, Per ridurre il margine di errore delle loro operazioni. Quindi non è neanche tanto un fatto di quale politica adotti e che colore abbia il decisore, quanto più della prospettiva che si offre e di quanto un piano politico possa mantenere il sistema in equilibrio.

Ma quindi i mercati non fanno altro che reagire ai programmi pubblici? Non li influenzano mai? Molti hanno imbarazzo nel dirlo, tuttavia, se come abbiamo detto prima i mercati sono fatti in ultimo da esseri umani, è ingenuo credere che chi disponga delle leve per impattare su una struttura, non pensi mai di farlo. E gli esempi nella storia si trovano. Ad ogni modo è difficile pensare stavolta che i mercati possano, e soprattutto vogliano, mettere lo zampino sull’andamento non solo di due-tre nazioni, ma dell’Unione europea e dell’intera Europa.

Ciò non vuol dire che resteranno impassibili, che non vi sarà alcun aggiustamento, però la formazione della rinnovata governance europea non è un processo brevissimo e soprattutto non è molto facile capire subito da che parte si andrà, visto il modo in cui si determinano maggioranze ed equilibri.

I mercati poi sono liquidi, si adattano, e possono facilmente adattarsi al nuovo status quo. Comunque non è difficile dire a cosa i mercati presteranno particolare attenzione. Sicuramente al capitolo della transizione ecologica e digitale – il Green Deal –, al capitolo dei trasporti e delle norme economico-finanziarie (specialmente l’unione bancaria, ancora in ballo). Questi sì sono i punti che potrebbero determinare qualche conseguenza nelle dinamiche della borsa, se non altro perché si tratta di settori in cui la finanza, assieme al mondo delle imprese, ha già fatto le sue previsioni e impostato la strategia di investimento negli anni. Se non si completa l’unione bancaria i mercati avranno pensato cosa fare, idem se non si completa; se il Green Deal va avanti così i mercati e le aziende sanno cosa fare, se il carburante fossile sarà accantonato, le case automobilistiche e di trasporti hanno le loro contromisure e hanno fatto il business plan. Ecco perché un brusco viraggio rispetto a questi argomenti potrebbe agitare i mercati e creare un po’ di scompiglio.

Lo scompiglio, nel caso, si teme più dai partiti di destra, che da quelli di sinistra, generalmente accomodanti nei confronti dei grandi rimodellamenti della produzione e dell’ossatura del sistema creditizio. Ma tale scompiglio, semmai, forse sarebbe annunciato, se ne parlerà, ci si darà dei tempi, e i mercati non si stracceranno le vesti. Perché i mercati dicevamo hanno un’anima, non sono tutti uguali e magari ad alcuni i cambi di programma vanno più che bene.

Volenti o nolenti, va anzi sottolineato che la finanza in questa settimana di tornata elettorale sta con gli occhi puntati da un’altra parte. Precisamente a Francoforte, dove giovedì si riunisce il Consiglio Direttivo della Bce, per prendere le decisioni di politica monetaria. In poche parole, i tassi d’interesse. E la previsione unanime è quella di un taglio al costo del denaro, il primo dopo molto tempo.

In questa settimana cruciale le borse hanno aperto generalmente in positivo, segno che apprezzano e confidano nell’alleggerimento da parte di Christine Lagarde. Piazza Affari tra i migliori con Francoforte e Amsterdam, volano i titoli Tech, su tutti Amd e Nvidia, il Nasdaq fa +6,9%. Sul versante italiano lo spread tra Btp e Bund in lieve calo attestandosi a 129 punti base. In leggero decremento anche il rendimento del Btp decennale benchmark che ha segnato una prima posizione al 3,91%, dal 3,96% per poi scendere fino a 3,87%.

Cauto ottimismo. Il senso di quanto emerge dal sondaggio di maggio condotto da Assiom Forex fra i suoi associati in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor. Come ha trasmesso il quotidiano di Confindustria, «poco più di un operatore su tre (il 35%) ritiene che le borse saliranno nei prossimi sei mesi a fronte del 38% di aprile, ma soprattutto del 50% di marzo scorso. Più nel dettaglio, il 33% vede oscillazioni tra +3% e +10% mentre c’è un 2% di operatori (dal 5% di aprile) che scommette su un forte rialzo (oltre +10%). La maggioranza, pari al 53% (dal 51%) prevede mercati stabili, mentre resta invariata all’11% la percentuale di quanti prevedono dei ribassi. Maggiore ottimismo sulla solidità finanziaria dell’Italia. A maggio, infatti, sale al 64% la quota di quanti indicano uno spread tra Btp e Bund al di sotto dei 150 punti (tra 100-150) rispetto al 55% di aprile. Sul fronte dei cambi, la metà degli intervistati (49%) indica una stabilità dell’euro/dollaro. Ma ’l’attuale mancanza di conferme sul percorso dei tagli dei tassi oltre giugno, potrebbe continuare a dare forza all’euro, nei confronti del dollaro’», ha osservato il presidente di Assiom Forex Massimo Mocio.

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