Economia
È ancora “casa dolce casa” ma per molti italiani il credito resta inaccessibile
Di Ilaria Donatio
Facile dire “casa dolce casa”. Quantomeno, nelle intenzioni degli italiani è ancora così. Ma la realtà è che ci sono circa 3,1 milioni le famiglie che si dichiarano interessate all’acquisto di un’abitazione nei prossimi 12 mesi ma, per una famiglia su due, l’affitto è l’unica soluzione percorribile a causa della mancanza di risorse economiche sufficienti.
Ancora: oltre un terzo degli intervistati teme di incontrare difficoltà nei prossimi 12 mesi a pagare l’affitto, mentre sale al 27,8% la percentuale di famiglie che prevede di non riuscire a rimborsare regolarmente le rate del mutuo.
È quanto emerge dall’indagine sulle famiglie italiane, diffusa in occasione della presentazione del 16° Rapporto sulla Finanza per l’Abitare 2023, lo strumento di analisi realizzato da Nomisma in risposta alla crescente finanziarizzazione del settore.
Il calo delle vendite rallenta e limita i danni
In effetti, nel 2023 le vendite di case in Italia sono crollate di quasi due cifre. Aggregando i numeri dell’Agenzia delle Entrate dei quattro rapporti trimestrali si ricava infatti che lo scorso anno sono state vendute nel nostro Paese poco meno 710mila abitazioni, con un calo del 9,5% rispetto al 2022. Nel quarto trimestre dell’anno il calo delle vendite è stato molto contenuto (-3,3%) e questo ha permesso di limitare i danni.
Mappa delle grandi città
Tra le grandi città, Milano dopo aver cominciato il 2023 in maniera catastrofica si è rimessa in linea con il trend nazionale, facendo segnare nell’ultimo trimestre una riduzione del 2,3%. Su base annua il calo è stato del 13,2%. Un po’ meglio di Roma, che ha chiuso l’anno con -14,3%, mentre nel quarto trimestre 2023 le vendite sono diminuite del 10,9%. Le abitazioni nuove, che si possono identificare con certezza perché l’acquisto avviene con Iva, sono salite al 9% del totale.
Il fattore centrale: crollo verticale dei mutui
Il dato più interessante emerso dal report è però un altro: il crollo verticale dei mutui. Nel quarto trimestre dell’anno scorso solo 36 acquisti su 100 tra quelli compiuti da persone fisiche sono state perfezionate grazie alla stipula di un finanziamento. Si tratta del valore minimo registrato.
Significa che non c’è un problema di disaffezione degli italiani verso la casa ma che molti di quelli che comprerebbero non hanno accesso al credito: certamente perché le rate sono troppo alte a causa della salita dei tassi che peraltro, almeno per quanto riguarda il fisso, stanno invertendo il trend, ma anche perché il reddito che resterebbe a disposizione una volta pagata la rata mensile, non basterebbe alle altre necessità domestiche, a causa dell’inflazione che ha eroso drasticamente il potere di acquisto degli stipendi.
Lo stop causato dalla stretta sul credito
Se, infatti, si suddivide l’andamento delle compravendite residenziali dell’ultimo anno nelle due componenti, quella alimentata unicamente da risorse proprie e quella sostenuta da credito, ci si rende conto della dicotomia, con la prima che ha continuato a crescere e nell’ordine del 4,8% e la seconda che ha subito un tracollo del 26%. Seppure più contenuto rispetto a quello della maggior parte degli altri Paesi europei, il livello di finanziarizzazione del mercato immobiliare italiano è evidente sia enormemente cresciuto.
Come scrive l’amministratore delegato di Nomisma, Luca Dondi, sul Sole 24 Ore, “l’approccio delle banche alla concessione del credito, più ancora del livello dei tassi di interesse, rappresenta il principale fattore di orientamento del mercato residenziale. Ed è per questo motivo che sarà più all’aggressività delle campagne di commerciali sui mutui che all’imminente taglio dei tassi che bisognerà guardare per capire se è davvero iniziato il percorso di risalita”.