Economia
Credito su stima, qual è il futuro del pegno nel nostro sistema finanziario
Di Michele Scialpi
Esiste ancora oggi un’antichissima istituzione finanziaria, di origini tardo-medievali, sorta in Italia nella seconda metà del XV secolo su iniziativa di alcuni frati francescani con lo scopo di erogare prestiti di limitata entità a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. Questi volevano proteggere dall’usura, che in quell’epoca stava aggravando una situazione di forte squilibrio economico e monetario, coloro che si trovavano in una situazione temporanea di difficoltà economica e quindi avevano la necessità di ottenere un credito velocemente dando in pegno quello che avevano. Parliamo del pegno e dei monti di pietà.
Questi istituti all’epoca si chiamavano monti, e così si è tramandato fino ad oggi, perché questo termine sta a indicare un insieme di ricchezze raccolte dalla collettività. I monti si rivolgevano alle popolazioni delle città, dove molti vivevano in condizioni di pura sussistenza ma disponevano comunque di beni rifugio da poter cedere in garanzia. I contadini, al contrario, generalmente non avevano nulla da impegnare se non beni indispensabili alla loro attività, ad esempio sementi e utensili da lavoro come l’aratro che durante il tempo invernale non poteva essere utilizzato. L’erogazione finanziaria avveniva in cambio di un pegno: i clienti, a garanzia del prestito, dovevano presentare un pegno che valesse almeno un terzo in più della somma che si voleva fosse concessa in prestito. La durata del prestito, di solito, era di circa un anno; trascorso il periodo del prestito, se la somma non era restituita il pegno veniva venduto all’asta.
Nel Settecento esistevano centinaia di istituti che offrivano questo servizio, mentre oggi il settore è concentrato in poche realtà. La ragione sta principalmente nei costi importanti connessi a questo tipo di attività che viene necessariamente svolta dall’uomo: serve un perito qualificato che sappia stimare correttamente i beni, è necessario poi che venga erogato il finanziamento e, nel caso in cui la somma non venga restituita, bisogna mettere in vendita il bene dato in pegno attraverso l’organizzazione di un’asta.
Nonostante le sue antichissime origini, il credito su stima e il “monte” sono pronti ad essere protagonisti anche nell’era digitale. È quanto si evince dalla nuova pubblicazione firmata dal Prof. Pierre de Gioia Carabellese, fellow of Advance HE (York, UK), Professor (Chair) of Business Law and Regulation (Australia, ECU) Appointed Professor (full) of Banking and Financial Law alla Beijing School of Technology (Cina) e Notary Public a Edimburgo (Regno Unito). Il volume, intitolato “Il contratto di credito su pegno” e edito da Cacucci nella Collana “Diritto del Notariato”, è realizzato anche grazie all’attiva collaborazione di Affide. La società di riferimento in Italia per il credito su stima, ed erede di una tradizione nata a Perugia nel 1462, è stata per l’autore un vero e proprio terreno di analisi.
Dallo studio emerge la complessità e solidità causale del credito su stima, che deriva da un testo normativo rimasto sostanzialmente inalterato in Italia, malgrado una banking regulation che, negli ultimi due decenni, è stata in più occasioni oggetto di revisione. Il contratto di pegno è analizzato altresì alla luce del suo corrispondente del Common Law anglo-gallese, il pawn agreement, e attraverso le lenti della teoria dell’operazione economica del professor Gabrielli. Da ultimo, il volume dimostra come, nella più recente spinta alla modernizzazione del settore bancario, anche il credito su pegno si presti a forme più evolute di circolazione ed enforcement, quali appunto la polizza e l’asta digitali.
Il ruolo del pegno sarà quindi sempre più centrale nel mondo del credito del futuro per finanziare nuovi investimenti e consumi, inserendosi perfettamente nel concetto di economia circolare in cui i patrimoni accumulati dalle famiglie vengono trasformati in flussi finanziari.