Economia

Credito, i fondi sfidano le banche. Il mercato non più lo stesso, l’unione può fare la forza

07
Gennaio 2025
Di Giuliana Mastri

Si parla spesso della maggiore difficoltà delle aziende europee, in particolare italiane, a finanziarsi. L’alternativa al classico credito bancario è il cosiddetto private equity, ossia l’investimento in quote di aziende non quotate da parte dei fondi borsistici. In America questi sistemi sono largamente sviluppati e costituiscono un’alternativa concreta per chi voglia intraprendere. Meno nel Vecchio Continente. Oggi notiamo ulteriori sviluppi: i dati degli ultimi anni mostrano come i finanziamenti erogati dai fondi di credito o debito privato, e non dalle banche, siano aumentati significativamente. Può essere un elemento positivo e innovativo, ma dipende da quali caratteristiche mostrerà il fenomeno nel nostro mercato e bisognerà capire quanto sia auspicabile la perdita di terreno degli istituti bancari, che infatti pensano a fusioni o acquisizioni e hanno già avviato partnership con questi altri soggetti.

La crescita
Nel giro di 15 anni il mercato del credito privato è decuplicato, arrivando a valere circa 2mila miliardi di dollari, secondo McKinsey il settore crescerà fino a 2,8 trilioni di dollari entro il 2028. Secondo le stime, la perdita di ricavi delle banche, a vantaggio di realtà come ad esempio Blackstone o Apollo, può valere 50 miliardi di dollari. Se i player bancari mettono insieme le forze con i fondi, hanno chance di recuperare un terzo dei ricavi.

In Europa
Va rimarcato, appunto, che i fondi di cui parliamo, ora non operano più soltanto in operazioni tradizionali di leveraged buy-out e nell’equity, ma proprio nel mercato dei prestiti un tempo appannaggio unicamente delle banche. In Europa tali meccanismi sono più ridotti, per via delle limitazioni normative, della mancanza di supporto dei governi ai processi e anche delle differenze linguistiche all’interno dell’area. Ma anche da noi i numeri appaiono promettenti. Secondo Deloitte nei primi nove mesi del 2024 sono stati siglati 592 deal, il 46% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le cause del fenomeno
A determinare il successo del credito non bancario sono stati i fatti dopo la crisi del 2008. Le banche hanno visto crescere i costi della detenzione del capitale per le attività rischiose, scegliendo di concentrare la loro azione sulla gestione dei prestiti e sul rapporto coi debitori, piuttosto che sulla detenzione in bilancio delle attività. Da parte loro i fondi hanno enorme liquidità, accesso alle informazioni, know-how sull’analisi di mercato e, inoltre, il vantaggio di poter vendere parte del credito a soggetti istituzionali come assicurazioni e fondi pensione, in genere molto interessati a queste strategie. Le grandi potenzialità, però, si scontrano col fatto che il credito privato è molto più illiquido e affronta l’ostilità a livello legislativo di diverse nazioni, che sanzionano gli assicuratori vita i quali detengono credito privato e strutturato.

Le prospettive
Per le banche il quadro si complica con le regole di Basilea 3,5 e anche la Federal Reserve ha avvertito sui rischi di un viraggio massiccio del capitale verso altri operatori. Tuttavia, i fondi non hanno capacità illimitata di prestito e i fondi di debito spesso si appoggiano alle banche per il finanziamento e la gestione del rischio. La collaborazione potrebbe essere quindi indispensabile, foriera di vantaggi per entrambe le parti. Lo scenario sembra suggerire ciò, se solo consideriamo che nel 2024 sono state siglate 9 partnership tra grandi banche e fondi. Per citarne alcune, Apollo e Citi, Blackstone e Barclays, Mubadala e Goldman Sachs.

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