Economia
Corte dei conti: investimenti Pnrr a passo lento ma riforme a buon fine per il 66%
Di Ilaria Donatio
Nella nuova relazione semestrale depositata ieri sullo stato di attuazione del Piano nazionale ripresa e resilienza, la Corte dei conti spiega che mentre gli investimenti procedono a passo lento, le riforme andate in porto sono pari al 66% del totale. Insomma, c’è un Pnrr degli investimenti che dopo una fase di gestazione più lunga del previsto, solo ora sembra iniziare a far accelerare la spesa effettiva. Ma c’è anche un Pnrr delle riforme, che invece sta avanzando secondo i tempi ipotizzati dai programmi iniziali e sta cominciando a mostrare risultati importanti.
I magistrati contabili tornano a evidenziare che il tasso di realizzazione degli investimenti si attesta per ora a un modestissimo 6% e che i meno di 13 miliardi di spesa effettiva realizzati nei primi nove mesi del 2024 non superano il 30% del budget annuale scritto nei vecchi programmi; infatti, il Governo ha dovuto ridurre in modo deciso le cifre stimate per quest’anno, con il risultato di schiacciare ancora di più i programmi di spesa effettiva sugli ultimi due anni del Piano, in cui si dovrebbero concentrare circa 132 miliardi di pagamenti in conto capitale in una corsa a ritmi più che doppi rispetto agli attuali.
Dei 13 filoni d’intervento del Pnrr, calcola sempre la Corte, il 77% è in fase di esecuzione, per l’11% si è in attesa delle autorizzazioni o della progettazione e, per 1’8%, di aggiudicazione e stipula del contratto. Solo il 4% delle iniziative è arrivato al collaudo. E nel complesso circa il 20% dei progetti appare in ritardo. La Missione 3 dedicata alle infrastrutture continua comunque a offrire il quadro migliore, avendo effettuato spese per 8,9 miliardi che valgono il 37% del finanziamento totale e 1’87% del cronoprogramma 2020-24.
All’altro capo della classifica, escludendo il RepowerEu ancora agli inizi, si incontra invece la Missione 5 dedicata a Inclusione e coesione, con 1,87 miliardi di pagamenti pari al 26% del cronoprogramma e all’11% dei fondi assegnati. Va solo leggermente meglio alla Salute (Missione 6), che si toglie dalla posizione di coda avendo speso il 14% della propria dote (2,1 miliardi, 68% del cronoprogramma).
In fatto di riforme il panorama è invece migliore. Dalla giustizia alla Pa passando per appalti e concorrenza, sono 72 le misure inserite nel Piano per migliorare in modo strutturale il funzionamento della macchina pubblica italiana e della sua regolamentazione.
Qui la quota delle realizzazioni si impenna al 63%, ed è destinata a raggiungere il 66% una volta conseguiti gli obiettivi di questo semestre, collegati alla settima rata: terreno su cui il Pnrr sembra procedere spedito, con 11 delle 67 scadenze già soddisfatte e senza particolari problemi per le altre, come rilevato dall’ultima cabina di regia.
Solo un obiettivo, legato al ministero dell’Università, appare di complessità elevata agli occhi della Corte dei conti. A differenza degli investimenti, che insieme alla spesa si traducono prima in cantieri e poi in scuole, strutture sanitarie o ferrovie e sono quindi subito visibili, l’impatto delle riforme è meno diretto nella percezione e spesso più diluito nel tempo. Ma è almeno altrettanto importante per far aumentare i tassi di crescita potenziale del Paese, cioè la sua capacità di produrre reddito che rappresenta la principale malattia italiana di cui il Pnrr si propone come medicina.
Infine, la giustizia amministrativa ha ridotto di oltre il 90% l’arretrato al 31 dicembre 2019. E un’evoluzione simile investe la realizzazione delle opere pubbliche, che stanno finalmente iniziando a vedersi ridurre i tempi tra l’aggiudicazione dei lavori e il loro completamento, scesi dai 273,3 giorni del 2021 ai 246,6 registrati in media alla fine dello scorso anno (-9,8%).