Economia
Bce: il taglio dei tassi può fermarsi. Difficile capire se ora convenga
Di Giampiero Cinelli
«Ci stiamo avvicinando al punto in cui potremmo dover sospendere o fermare il taglio dei tassi, dobbiamo iniziare questa discussione», ha detto recentemente al Financial Times Isabel Schnabel, membro del Comitato Esecutivo della Bce. La dichiarazione non passa inosservata in una fase in cui tutti gli analisti si aspettano un altro taglio dei tassi che potrebbe portare uno degli indicatori di riferimento, ossia il costo sulle operazioni di rifinanziamento principali, al 2,75% a marzo, dall’attuale 2,9%. Il tasso sui depositi presso la Banca Centrale invece è già al 2,9%.
Lo scenario è complesso e ancora poco chiaro, dunque non è neppure escluso che il tasso di rifinanziamento principale venga ritoccato nei prossimi mesi, ma a quel punto, stando anche all’avvertimento della Schnabel, è molto improbabile che si proceda verso alleggerimenti cospicui, considerando gli obiettivi della Bce sull’inflazione nell’area euro, da riportare al 2% fissato nello statuto. A gennaio è al 2,5%, in aumento di un decimale rispetto al mese precedente.
La volontà di controllare ancora meglio l’inflazione, si spiega in riferimento ai prezzi dell’energia in Europa, sempre altalenanti, soprattutto nel quadro di perdurante crisi internazionale e di distacco dal gas russo. Eppure, i tecnici non possono non considerare anche l’impatto sull’andamento dell’economia reale di un costo del denaro che, al contrario, potrebbe restare maggiore di quello dell’inflazione media.
L’inflazione infatti ora sta preoccupando meno i Paesi membri, e se nell’area euro è al 2,5%, in Italia a Gennaio l’Istat ha rilevato un +1,5%. I rialzi mantengono i timori di Francoforte, seppur adesso con livelli contenuti e ben più tranquillizzanti di quelli dei mesi recenti. Inoltre, l’inflazione oggi meno feroce è una plausibile conseguenza dell’economia europea stagnante, bisognosa di spinte.
Nel frattempo l’aumento dell’inflazione sta influendo sui rendimenti dei titoli di Stato europei, saliti di circa 5 bp, con il Bund al 2,55% e il Btp al 3,64%, riflettendo la ricalibrazione delle aspettative da parte degli investitori.
Le prossime decisioni saranno da calibrare attentamente, perché si rischia di sovrastimare dei rischi o anzi di non prevedere possibili recrudescenze. Soprattutto, si cerca di non mancare nuovamente delle previsioni importanti, come accade negli anni scorsi con un ritorno dell’inflazione massiccia quando ancora le politiche monetarie erano accomodanti.
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