Guerra, tassi, governance, digitale e innovazioni i temi principali affrontati oggi nell’assemblea annuale dell’Abi. Il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli, il primo a prendere la parola, ha sottolineato che nonostante lo scenario molto complicato, aggravato dal conflitto russo-ucraino, il credito a famiglie e imprese non si è strozzato. Le prospettive di prolungata inflazione e di debito pubblico ancora alto secondo Patuelli vanno affrontate attraverso il sostegno agli investimenti fissi, non speculativi, alleggerendo il carico fiscale alle aziende, gravate sia da imposte sui ricavi che sui dividendi, e sul piano individuale spingendo sul risparmio gestito. Il Pir va potenziato, senza alimentare paure di un razionamento del credito. E nel rafforzare l’industria bancaria, il presidente dell’Abi auspica nuove aggregazioni bancarie. Pur riconoscendo che in Italia ci sono state in un ambito di forte concorrenza e se ne sono fatte di più rispetto al resto d’Europa, sono indispensabili per poter competere con i colossi americani e asiatici. Dunque il passaggio sulle regole europee di risoluzione delle crisi bancarie, la cui evoluzione è sui tavoli europei con la convinta partecipazione di Abi, ma Antonio Patuelli non risparmia di evidenziare come sia importante anche usufruire, preventivamente, oltre agli altri meccanismi comuni, anche del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), che nel 2014 mitigò le aspre conseguenze del bail in nell’ambito della salvataggio «delle quattro banche». Una mossa osteggiata ma poi avallata dai giudici, in quanto il Fitd impiega soldi privati e non statali. Secondo Patuelli l’unione bancaria deve andare avanti, senza irrigidire le regole di Basilea 3. Già troppe fonti del diritto e molte norme pesano sulle banche. E in ambito europeo auspica la revisione dei trattati con l’introduzione del voto a maggioranza qualificata, non più quindi all’unanimità.
Il presidente dell’Abi ha reputato buona l’azione nei confronti dei vecchi crediti deteriorati, abbreviati nell’acronimo inglese Npl. «Non sono esplosi grazie alle moratorie. Ora è possibile che tornino a crescere a causa della guerra ma non ci troviamo più nella situazione di sette anni fa. Come contromisura sarebbe opportuno allungare la durata dei prestiti. Bene l’innovazione europea in vigore che riduce di un terzo l’assorbimento patrimoniale degli Npl venduti da banca a banca». Poi il riferimento al nuovo mondo della finanza digitale. Patuelli ha ammonito sui rischi delle criptovalute, troppo volatili e che non reputa vere monete, oltre ai fenomeni di illegalità a queste connessi. Affermando che tali operazioni andranno svolte soltanto in seguito del registro nell’elenco degli operatori finanziari, con un’anagrafe per gli utenti di questi servizi (questo iter è già in corso), rilanciando invece sull’euro digitale. Che ci nascerà e verrà garantito dalla Bce. Antonio Patuelli ha anche detto che le banche dovranno valutare ormai pure i rischi climatici e ha annunciato l’imminente confronto per il nuovo contratto di lavoro dei bancari, alla luce dell’attuale digitalizzazione e delle tante chiusure di sportelli.
Dopo di lui ha parlato il governatore di Banca D’Italia Ignazio Visco, il quale ha fatto riferimento al rialzo dei tassi da parte della Bce, previsto di 25 punti base molto probabilmente a partire dalla prossima riunione del 21 luglio. E se sarà necessario per contenere l’inflazione verrà operato un altro rialzo a settembre. Nonostante ciò i prestiti al settore produttivo stanno proseguendo e crescono seppure a ritmi moderati. Ma viste le stime sul Pil le banche dovranno essere caute sulla distribuzione dei dividendi e negli accantonamenti. Il settore sta recuperando equilibrio: «Alla fine di marzo il rapporto tra il capitale di migliore qualità e gli attivi ponderati per il rischio (CET1 ratio) era pari al 14,6%. Rimane più alto dei valori precedenti lo scoppio della pandemia. Inoltre il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei prestiti, in ragione d’anno e al netto degli effetti stagionali, è sceso di 2 decimi di punto nei primi tre mesi di quest’anno, all’1%». Ignazio Visco ha ammesso che le previsioni della banche centrali sull’inflazione erano sbagliate, ma l’errore è dipeso al 90% dall’aumento dei costi energetici, repentino e con rilevanti scatti progressivi. Le banche centrali dovranno continuare a sostenere i debiti pubblici con nuovi strumenti anti-spread nonostante la fine del programma Bce e il rialzo dei tassi non deve frenare i crediti. «La recessione non ci sarà se si evita il blocco del gas russo». E sulla stabilità: «La Banca d’Italia mantiene alta l’attenzione e ha chiesto di valutare ogni azione su alcuni istituti di credito medio-piccoli sotto la sua diretta supervisione dove potrebbero esserci delle situazioni tali da degenerare in crisi. A fronte di una situazione equilibrata per la maggior parte degli intermediari, permangono in alcuni casi elementi di fragilità, soprattutto in relazione alla capacità di generare flussi di reddito idonei a coprire i rischi». Proprio sulle banche medio-piccole Visco ha riflettuto, considerando che se una parte di esse entreranno a far parte della sfera dove si applicano i meccanismi europei di risoluzione bancaria, per loro sarà difficile evitare perdite ai clienti anche a fronte di un bail in più moderato.