Cultura

“Vivere nella corte di Francia è come il Vietnam”. Conversazione con Maria Antonietta

15
Ottobre 2023
Di Flavia Iannilli

Il 16 ottobre di 230 anni fa venne decapitata Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, moglie di Luigi XVI e ultima regina di Francia prima della rivoluzione. Una sovrana ricordata con astio per la sua vita lussuriosa e per niente attenta alle problematiche economiche che affliggevano il paese. Le spese per sostenere la guerra dei Sette anni (1756 – 1763) prima e la rivoluzione dei coloni americani contro il Regno Unito poi, non erano nulla rispetto alla scelta di una manica con o senza rouge. Ma quando viene espresso astio nei confronti di Maria Antonietta, da 230 anni a questa parte, di cosa si tratta realmente?

Maestà la storia che arriva fino ai giorni d’oggi ricorda più lei che suo marito, Luigi XVI, la trova una nota positiva o negativa?

Ha iniziato soft. Nel suo campo si dice “purchè se ne parli”, eppure io sono un’eccezione. Nel complesso sono celebre per le mie spese eccentriche, con le quali sono stata canzonata con il nomignolo di Madame Deficit, per non aver sfornato il futuro delfino la prima notte di nozze o giù di lì e per una frase che mi è stata affibbiata dalla fantasia di una nobiltà e di un popolo ai quali non andavo propriamente a genio. La stessa nobiltà che poi rovesciò la monarchia assoluta, ma questo non devo dirglielo io, la storia ve lo insegna, anche se voi posteri siete abbastanza restii a imparare. Champagne!  

Avendo imparato la lezione di una vita assennata, colma di privilegi e senza limiti a sue spese, se potesse tornare indietro cosa cambierebbe?

Stupida sì, ipocrita no. E lo sarei se le dicessi che avrei dovuto interessarmi di più agli affari del paese, nonostante mi spettasse in maniera marginale. Non mento se le confesso che chiunque avrebbe voluto essere al mio posto, che fossero persone interne alla corte o meno. Ma la realtà dei fatti è che non cambierei nulla e non tanto per me, piuttosto per voi.

Scusi sua altezza, non è mia volontà mancarle di rispetto, ma la sta ponendo su un piano altruistico che storicamente non le dona molto…

Noto dell’astio, scusi una deformazione da vita da corte. Non corrughi la fronte, così rinforza le rughe d’espressione; le faccio portare qualcosa di ugualmente raffinato ma più forte dello champagne. È vero non indosso bene la carità, ma mi conceda di spiegarle cosa ho imparato in questi 230 anni. Tolti i miei privilegi, da cui derivavano oneri e onori ai quali ho adempiuto come meglio ritenevo per le mie potenzialità, l’esistenza mia e di mio marito si sono rivelate un tassello necessario. Senza la nostra inadeguatezza e duttilità probabilmente Napoleone non avrebbe avuto lo stesso seguito. E Bonaparte ha mandato in un brodo di giuggiole la politica, la Francia stessa, la geopolitica e il settore cinematografico che nel vostro secolo amate tanto. Per non parlare degli Stati Uniti d’America che tanto “uniti” non sarebbero se il re Luigi XVI non avesse mandato risorse agli americani che si rivoltavano contro la madrepatria. Lo fece per un rendiconto personale nei confronti della Gran Bretagna? Sì certo, chi non lo fa e chi non lo ha fatto?! Il mondo di oggi è stato fondato tanto sul popolo che insorge, i francesi lo sanno bene gli italiani non saprei, quanto sui sovrani immaturi; che lo accetti o meno a me poco importa, sono morta più di 200 anni fa. 

Come biasimarla. Quando lei dice “per le mie potenzialità” si riferisce alla tenera età in cui è diventata regina? E se così si volesse giustificare, perdoni l’impertinenza ma notando la schiettezza delle sue risposte ne approfitto, cosa significa assumere un ruolo apicale in adolescenza? 

Certamente, lo dimostra il fatto che nessun imprenditore darebbe mai in mano la gestione della propria azienda, grande o piccola che sia, al figlio di 17 anni. Per quanto possa essere istruito a 360 gradi non avrà mai l’esperienza necessaria per assumere quel ruolo. La domanda non è cosa significa ma su chi ha avuto impatto. Per Maria Antonietta, figlia di Francesco I Imperatore del Sacro Romano Impero e ultima regina di Francia prima della rivoluzione, ha un significato marginale. Per il paese potrebbe essere accostato ad una disgrazia con la velocità del vostro scatto alla risposta. Non a caso la necessità di un “Cursus Honorum” per le alte cariche istituzionali e giuridiche è una garanzia che getta delle basi ragionevoli. Poi che la matura età non protegga dal fascino del potere questo è un altro paio di maniche. 

E direi che il problema non è tanto il fascino quanto la brama di potere, un aspetto che a Versailles non è da sottovalutare…

Probabilmente è l’unica cosa indispensabile che i precettori mi avrebbero dovuto insegnare. Le offro il titolo di questa conversazione su un piatto d’argento: vivere nella corte di Francia è il Vietnam. Questa è una frase di cui mi approprierei volentieri. Non ho ancora ben compreso perchè si siano tanto accaniti con Pietro Castellitto. Di certo la straordinaria prontezza nel puntare il dito è una di quelle vecchie cattive abitudini che rimangono imperiture. Che sia accostata ad un quartiere o a una corte poco importa, rimane una dichiarazione estremamente realistica. Vivere e nascere in una posizione privilegiata rende molto più complesso comprendere le cose più semplici. Non si trattava solo di costruiti sorrisi di convenienza, corpetti, fiocchi e crinoline; per quanto fossero elmo e scudo per pettegolezzi, bisbìgli e calunnie. Ma piuttosto di rincorrere alleanze costruttive, nel mio caso, in un contesto che pullula di parassiti. Basti pensare alla contessa du Barry, ultima favorita di re Luigi XV. Scegliere le persone giuste, mia cara, è un’impresa che a me è costata la testa; non credo che nei salotti moderni sia tanto diverso. Non esiste contesto storico per gli arrampicatori sociali.

Possiamo dire che fa parte dei lavori più antichi del mondo. Maestà siamo giunte alla fine della nostra conversazione e quindi vorrei chiederle di levarmi una curiosità: si dice che “Perdonatemi signore, non l’ho fatto apposta” siano state le sue ultime parole rivolte a Henri Sanson, il suo boia, dopo avergli pestato un piede. Ad oggi possiamo dargli un significato differente?

Potrei salvarmi in calcio d’angolo e ammettere di aver compreso la quantità di errori commessi durante la mia lussuosissima vita, ma non sarebbe coerente. Rousseau affermava che l’uomo fosse, in natura, buono, e che venisse corrotto dalla società. Ad oggi posso dirle che quella frase potrebbe avere un ambivalenza enorme. La ringrazio per aver deciso, alla fine, di salvare il mio ricordo.  

In realtà Maestà ha fatto tutto da sola…

Lei è troppo educata e per questo propongo un brindisi, ma le ricordo che nessuno si salva da solo altrimenti non ricorrerebbe il 230esimo anniversario della mia decapitazione.